I Bonanno di Gangi, scalpellini e lapidici tra ‘500 e ‘600. Note storiche inedite sull’attività della famiglia Bonanno - Parte prima

di Salvatore Farinella©, testo pubblicato in Le Madonie n. 10 e n. 11, 1998. Sull'argomento si rimanda all'approfondimento in S. Farinella©, Scarpellinij et marmorarij a Gangi fra Cinquecento e Seicento: opere e documenti, in G. Marino, R. Termotto (a cura), Conoscere il territorio: Arte e Storia delle Madonie. Studi in memoria di Nico Marino, vol. 1, Atti delle giornate di studi, Cefalù 21/22 ottobre 2011, Palermo 2013

La chiesa dello Spirito Santo, affresco nel palazzo Mociaro, particolare, prima metà del XIX secolo (foto S. Farinella©)
La chiesa dello Spirito Santo, affresco nel palazzo Mociaro, particolare, prima metà del XIX secolo (foto S. Farinella©)

Accade raramente che la ricerca d’archivio riservi qualche sorpresa a proposito delle vicende di qualche grande artista il cui nome e la cui produzione sia nota ai più; la maggior parte delle volte invece la ricca documentazione archivistica locale narra di personaggi minori poco noti agli studiosi e, moto spesso, del tutto ignoti alla cultura e alla gente del posto. E’ il caso ad esempio di alcuni componenti la famiglia Bonanno, scalpellini e lapicidi attivi a Gangi (e probabilmente anche nel vicino comprensorio madonita) fra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo, poco conosciuti in ambito extra locale e quasi del tutto ignorati in ambito locale. Essi fanno parte di quella folta schiera di valenti artigiani che si colloca a metà strada fra maestranze di cantiere (capimastri) e artisti veri e propri, la cui produzione, benché “minore” rispetto a quella di più noti esponenti del panorama artistico isolano, tuttavia può essere ben annoverata fra i fatti artistici siciliani degni di rilievo, riflettendo aspetti architettonici e figurativi di particolare interesse.

Nel periodo in questione Gangi è il più grosso centro agricolo delle Madonie; unitamente a queste ultime, notoriamente, la cittadina fa parte della vasta Contea ventimigliana di Geraci che già da circa un secolo e mezzo era divenuta anche Marchesato con sede a Castelbuono. La società gangitana, come del resto quella siciliana, è piuttosto attiva e, nonostante la grave epidemia di peste che fra il 1575 e il 1576 mette in ginocchio l’intera isola, registra un certo fervore edilizio; ce lo attesta infatti una rilevante quantità di atti notarili riguardanti contratti di lavoro o di compravendita, costruzione di case e di chiese, oltre a prestazioni di servizi o realizzazione di oggetti sacri e profani. Ed è proprio in questi anni e in quelli immediatamente successivi che si colloca l’attività dei Bonanno, nel periodo in cui non erano ancora nati (artisticamente) i due grandi pittori gangitani Gaspare Vazzano e Giuseppe Salerno, ambedue noti come lo Zoppo di Gangi, che avrebbero portato alla notorietà questo vitale centro madonita.

Sulla vita familiare dei Bonanno non sappiamo molto, anzi ad oggi non conosciamo alcun documento che possa far luce su questo aspetto. Il Nasello, per la verità senza citare alcuna fonte, ci informa che Andrea Bonanno (il maggiore esponente della famiglia) nasce a Gangi nel 1549, che frequenta la bottega di un certo Giacomo Randazzo (altro intagliatore suo concittadino) e che successivamente presta la propria opera in vari paesi della Sicilia, a volte insieme al Salerno (!). Evidentemente l’assenza di fonti documentali a supporto di tali notizie rende queste poche note necessariamente poco apprezzabili dal punto di vista storico. Alcuni documenti ritrovati presso il locale archivio storico ci aiutano però a fare un po’ di luce sugli aspetti legati all’attività lavorativa degli esponenti della famiglia Bonanno.

 

La chiesa dello Spirito Santo nella prima metà del Novecento (archivio S. Farinella©)
La chiesa dello Spirito Santo nella prima metà del Novecento (archivio S. Farinella©)

 

Di certo sappiamo che i Bonanno, muratori e fraber scalpellinus come vengono appellati dalle fonti d’archivio, operarono prevalentemente a Gangi anche se, come vedremo, portarono il proprio contributo “artistico” in altre realtà siciliane. Essi eseguirono fabbriche di chiese, portali e archi in pietra finemente scolpiti e lavorati in parte ancora oggi esistenti. Nonostante ancora oggi manchino precisi riscontri documentali, siamo portati a credere che i due Bonanno di cui parleremo, Gaspare e Andrea, fossero fra loro uniti da un legame di parentela di cui oggi purtroppo ignoriamo i particolari. E’ molto probabile comunque che essi facessero parte di un’unica bottega che operava a Gangi nella seconda metà del XVII secolo.

La produzione artistica dei Bonanno sembra legata alla attività edilizia in campo religioso, particolarmente fervida dopo il Concilio di Trento, e in maniera particolare alla chiesa di Santa Caterina che proprio in quel tempo mutava il titolo in quello dello Spirito Santo. Indubbiamente, l’attività dei componenti la famiglia era anche orientata verso la committenza privata che si serviva di artigiani specializzati quali erano appunto i Bonanno.

E’ del 17 novembre 1575 il primo documento conosciuto sull’attività del maestro Andrea de Bonanno, il più attivo e ricercato (sembra) fra gli esponenti della famiglia. Si tratta di una copia di contratto con il quale lo stesso Bonanno, in solidum con il concittadino mastro Cesar de Homina, si obbliga a costruire certe fabbriche per conto dei mastri Filippo Malatia e Giovanni Longo (quest’ultimo probabilmente di Castelbuono) (2). Ma è con la ricostruzione della chiesa di Santa Caterina fuori le mura che per la bottega dei Bonanno si profila una maggiore opportunità lavorativa destinata a durare diversi anni.

Con un contratto del 7 aprile 1576, IV indizione, stipulato presso il notaio Egidio Di Salvo il magistro Gaspar Bonanno de terra gangij si impegna con i procuratori della chiesa di Santa Caterina extra menia (!) Joseph Salerno (omonimo e probabilmente parente del più noto pittore), mastro Paulo de Factio, mastro Joseph la Volsi (parente di quei Li Volsi di Nicosia e di Tusa, naturalizzatosi a Gangi) e mastro Petro de Brando a ricostruire la suddetta chiesa (3). Con il citato documento, già richiamato dal Mendola (4), il Bonanno si obbligava a "qonstruere a pedamentis supra roccam" la predetta chiesa delle dimensioni di 9 canne di lunghezza per 3 di larghezza "ut dicitur di vacanti" e di altezza 5 canne; il tutto per un compenso di 8 tarì "quolibet canna ut dicitur a la scarsa cum toto attractum ditte R(everende) ecc(les)ie et cum calcina impastata impede maragmatis in compotum cum mercede". Più capomastro che artista nel senso stretto del termine, Gaspare Bonanno alternava incarichi di lavoro prestigiosi, quale poteva essere quello di riedificare una chiesa, ad attività più consuete come quella che, nella qualità di magistro muraturi, lo vede stimatore nella compravendita di una casa (5).

 

... continua

 

Note

 

1 - S. Nasello, Engio e Gangi, II edizione, Palermo 1982, p. 257.

2 - Archivio Storico del Comune di Gangi (ASCG), notaio Egidio di Salvo, vol. IV - V G, c. 129v-130.

3 - ASCG, notaio Egidio di Salvo, vol. IV - V G, c. 250 v - 251 r/v.

4 - G. Mendola, Uno Zoppo a Palermo e un soldato a Gangi. Gaspare Bazzano e Giuseppe Salerno attraverso i documenti e le testimonianze, in AA.VV., Vulgo dicto lu Zoppo di Gangi, catalogo della mostra a cura dell’Amministrazione Comunale, 1997, p. 27 e nota p. 40.

5 - ASCG, notaio Egidio di Salvo, vol. I - F 2, c. 29 - 30, senza data.