Breve guida alla processione dello Spirito Santo a Gangi con commento all’iconografia dei Santi
di Salvatore Farinella©, testo inedito tratto da S. Farinella©, Il giorno dello Spirito Santo a Gangi. Culto, festa e processione fra storia e tradizione con una guida alla processione e all’iconografia dei Santi, in attesa di pubblicazione
Ordine delle statue nella processione dello Spirito Santo, chiese di provenienza e commento iconografico
14. Sant’Antonio da Padova
(chiesa madre di San Nicolò)
Il simulacro raffigura il Santo nell’abito francescano mentre tiene sul libro del Vangelo il Bambino, a ricordo di una visione avuta: la statua è documentata come proveniente da Napoli, mentre la figura del Bambino Gesù è documentata a Filippo Quattrocchi che l’ha realizzata nel 1765.
Al secolo Fernando di Buglione, nasce a Lisbona in Portogallo intorno al 1195. Entra nel romitorio dei Minori mutando il nome in Antonio. Nel 1227 diventa provinciale dell’Italia settentrionale proseguendo nell’opera di predicazione. Il 13 giugno 1231 si trova a Camposampiero e, sentendosi male, chiede di rientrare a Padova, dove vuole morire: spirerà nel convento dell’Arcella. È patrono degli affamati e dei poveri. La sua memoria è il 13 giugno.
15. San Francesco d’Assisi
(chiesa madre di San Nicolò)
Il simulacro raffigura Francesco d’Assisi nel suo abito, particolarmente provato nel fisico mentre porta in mano il Crocifisso del quale si notano le Stimmate nel corpo del Santo. È probabilmente un’opera del tardo Cinquecento o dei primi anni del Seicento, forse attribuibile allo scultore e pittore ennese Pietro de Bellio.
Nato ad Assisi nel 1182, Giovanni di Bernardone - poi chiamato Francesco - si converte al Vangelo e lo vive con estrema coerenza, in povertà e letizia, seguendo il Cristo umile secondo lo spirito delle beatitudini. Portò nel suo corpo i segni della Passione. Morì la sera del 3 ottobre 1226 nella Porziuncola a Santa Maria Maggiore: Pio XII lo proclamò Patrono d’Italia nel 1939. La sua memoria ricorre il 4 ottobre ed è considerato patrono degli ecologisti e dei commercianti.
16. Santa Rita da Cascia
(chiesa madre di San Nicolò)
Il simulacro raffigura santa Rita nell’abito delle Agostiniane mentre contempla il Crocifisso: sulla fronte reca la stimmate della spina. È forse un’opera del tardo Ottocento di autore ignoto.
Nata a Roccaporena presso Cascia (Perugia) intorno al 1381, Rita Lottius fu data in sposa a un uomo brutale e violento che, convertito da lei, venne in seguito ucciso per una vendetta. Rita si ritirò nel locale monastero delle Agostiniane di Santa Maria Maddalena dove condusse una santa vita e durante un’estasi ricevette sulla fronte una speciale stimmate della corona di spine, che le rimase fino alla morte avvenuta nel 1447. Venne proclamata Santa solamente nel 1900 da papa Leone XIII. La sua memoria è il 22 maggio ed è considerata patrona delle donne infelicemente sposate e dei casi disperati, tanto da meritarsi l’appellativo di “Santa dei casi impossibili”.
17. San Vincenzo Ferrer
(chiesa madre di San Nicolò, Confraternita della Madonna del Rosario detta dei Mastri)
Il simulacro raffigura san Vincenzo Ferrer con l’abito domenicano, nell’atto di predicare con l’indice rivolto al cielo a richiamare i suoi annunci dei castighi e del Giudizio: è raffigurato con le ali e con la fiamma ardente sul capo in riferimento alla forza e all’ardore della sua predicazione per la quale viene accostato a un angelo dell’Apocalisse.
L’opera è della seconda metà del Settecento ed è attribuibile alla mano di Filippo Quattrocchi.
Nato nel 1350 a Valencia, in Spagna, Vincenzo Ferrer fu un dotto frate domenicano e insegnante di teologia e filosofia a Lèrida e Valencia: percorse l’Europa occidentale evangelizzando e convertendo i Càtari e i Valdesi. Morì a Vannes, in Bretagna (Francia) nel 1419: la sua memoria si celebra il 5 aprile ed è considerato patrono dei costruttori e dei muratori.
18. San Domenico di Guzman
(chiesa madre di San Nicolò, Confraternita della Madonna del Rosario detta dei Mastri)
Il simulacro raffigura san Domenico nell’atto di predicare con un libro nella mano sinistra e con un dardo nella destra alzata, simbolo della forza della sua predicazione contro le eresie: ai suoi piedi è un busto umano che simboleggia l’eresia e un cane pezzato bianco e nero e con una candela in bocca, chiaro riferimento all’Ordine domenicano. La statua è della Seconda metà del Settecento ed è attribuibile a Filippo Quattrocchi.
Domenico nacque nel 1170 a Caleruega, nella Vecchia Castiglia (Spagna). Entrato tra i Canonici regolari, nel 1026 è a Roma dove accetta da papa Innocenzo III di predicare nell’Albigese (Francia) per convertire quelle popolazioni. Nel 1215 fonda l’Ordine dei Frati Predicatori, poi detti Domenicani: morirà nell’agosto del 1221 a Bologna e verrà canonizzato da papa Gregorio IX nel 1234. La sua memoria si celebra l’8 agosto ed è considerato patrono degli astronomi.
19. San Nicola vescovo
(chiesa madre di San Nicolò, Confraternita del SS. Sacramento)
Il simulacro mostra il Santo nei paludamenti vescovili, con i guanti, la mitra sul capo e il bastone pastorale nelle mani: è opera del 1661 dello scultore Scipione li Volsi di Tusa.
Nato intorno al 250 a Pàtara di Licia (attuale Turchia) da una famiglia nobile, Nicola venne eletto Vescovo a Mira (pure nella Licia) per le sue doti di pietà e di carità: durante la persecuzione di Diocleziano pare che sia stato imprigionato fino all’epoca dell’editto di Costantino. Morì il 6 dicembre di un anno imprecisato, forse nel 326. Il suo culto si diffuse originariamente in Asia minore e poi verso Occidente, nell’Italia meridionale e in Sicilia soggette all’impero bizantino. Nel 1087 un gruppo di marinai baresi sbarcati in Turchia s’impadronì dei resti di Nicola trasportandoli a Bari, citta di cui fu proclamato patrono: i Normanni e le popolazioni pugliesi diffonderanno il culto di san Nicola di Bari soprattutto in Sicilia. La memoria del Santo si celebra il 6 dicembre e san Nicola è ritenuto protettore dei bambini, dei ragazzi, degli scolari, dei farmacisti, dei mercanti, dei naviganti e dei pescatori.
20. Madonna del Rosario
(chiesa madre di San Nicolò, Confraternita della Madonna del Rosario detta dei Mastri)
Il simulacro raffigura la Vergine assisa sulle nubi mentre tiene in braccio il Figlio che fa dono della corona del Rosario a san Domenico genuflesso: di piccole dimensioni, il gruppo scultoreo può essere attribuito alla mano di Girolamo Bagnasco (inizi del XIX secolo).
Il titolo della Madonna del Rosario risale all’epoca della nascita dell’Ordine Domenicano (XIII secolo) e maggiore diffusione si ebbe dopo la vittoria di Lepanto dell 1572, attribuita da papa Pio V proprio alla protezione della Vergine del Rosario: in quella occasione dal 1572 il Papa istituì la festa del Santo Rosario da celebrarsi la prima domenica di ottobre, dal 1913 spostata al 7 ottobre. Il culto per il Santo Rosario ebbe ancora un’ulteriore diffusione dopo le apparizioni di Lourdes del 1858, dove la Vergine raccomandò la pratica di questa devozione. A Gangi il culto alla Madonna del Rosario venne introdotto dai Domenicani nel 1583 nella chiesa della Catena: in seguito, nel 1703, esso venne istituito nella chiesa madre ad opera di altri Predicatori che fonderanno la Confraternita della Madonna del Rosario.
21. San Leonardo
(chiesa di San Leonardo, Confraternita della SS. Annunziata)
Il simulacro è di recente fattura e sostituisce una statua precedente: esso mostra il Santo negli abiti eremitici e con le catene e un libro, suoi attributi principali.
Leonardo di Noblac nacque in Gallia all’inizio del VI secolo al tempo dell’imperatore Anastasio e morì nel 545. In gioventù si mise al seguito di san Remigio, arcivescovo di Reims: come il suo protettore, anche Leonardo chiese e ottenne dal re lo stesso favore di poter liberare tutti i prigionieri che egli considerava innocenti. Edificò un monastero a Limoges dove si ritirò in vita eremitica costruendovi un oratorio in onore della Madonna e dedicando un altare in onore di san Remigio. La sua memoria si celebre il 6 novembre.
È patrono dei carcerati e anche dei fabbricanti di catene, di fermagli, di fibbie e viene inoltre invocato per i parti difficili, per i mal di testa, l’obesità e le malattie dei bambini, oppure contro la grandine. In Sicilia il suo culto venne introdotto dai Normanni nell’XI secolo.
22. San Rocco
(chiesa di Santa Maria di Gesù, Confraternita della SS. Annunziata)
Il simulacro è probabilmente quello documentato al 1576 allo scultore e pittore ennese Pietro de Bellio: il Santo è raffigurato con i vestiti da pellegrino, con mantella e bastone, mentre mostra la ferita alla coscia che richiama il suo contagio della peste. Al suo fianco è un cane con un tozzo di pane in bocca, chiaro riferimento alla tradizione.
Il Santo nacque a Montpellier (Francia) fra il 1345 e il 1350 e morì a Voghera fra il 1376 e il 1379. Affiliato al Terz’Ordine francescano fece voto di recarsi a Roma a pregare sulla tomba degli apostoli Pietro e Paolo. Sulla via del ritorno, nel luglio 1371, Rocco venne colpito dalla peste a Piacenza: rifugiatosi in una capanna in un bosco, venne salvato da un cane che ogni giorno gli portava un tozzo di pane. Arrestato come persona sospetta e condotto a Voghera venne gettato in prigione dove, dopo cinque anni, morì.
È considerato patrono dei malati per infezione, degli invalidi e dei prigionieri, oltre che degli appestati: la sua memoria ricorre il 16 agosto.
23. San Vito
(chiesa di Santa Maria di Gesù, Confraternita della SS. Annunziata)
Il simulacro è attribuibile a Filippo Quattrocchi e databile fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento: tuttavia il culto di san Vito nella chiesa di Santa Maria di Gesù (e nell’eponima chiesa di Gangi non più esistente) è già documentato nel Cinquecento. L’immagine raffigura il Santo in aspetto giovanile, vestito come un soldato romano, col libro del Vangelo e un Crocifisso nelle mani: al suo fianco due cani, chiaro riferimento alla leggenda.
Una tradizione non confermata lo vuole nato nel III secolo a Mazara del Vallo, vicino Trapani: è certa però la sua morte nel 303 in Lucania dove visse per un periodo. Rifugiatosi qui con la nutrice Crescenzia e il maestro Modesto, Vito operava miracoli guarendo e vivendo nella fede, fino a quando venne condotto a Roma da Diocleziano per guarire il figlio ammalato di epilessia. Tuttavia l’imperatore lo fece torturare: tornato in Lucania, Vito morì all’età di appena diciassette anni nel 303, insieme a Crescenzia e Modesto. La sua memoria si celebra il 15 giugno ed è ritenuto protettore degli epilettici e dei malati di corea, una malattia nervosa che dà movimenti incontrollabili detta appunto “ballo di san Vito”, nonché dei muti, dei sordi e dei ballerini ma anche degli attori, dei farmacisti, degli albergatori.
24. Santa Maria di Gesù
(chiesa di Santa Maria di Gesù, Confraternita della SS. Annunziata)
La statua è databile alla seconda metà del Settecento ed è riconducibile alla mano di Filippo Quattrocchi.
Santa Maria di Gesù è un titolo che appartiene in genere a fondazioni chiesastiche dei Francescani (Minori): per la chiesa eponima di Gangi si conosce dal XV secolo.
Il simulacro raffigura la Vergine Maria mentre regge col braccio sinistro il Bambino al quale, in un amorevole atteggiamento materno, sembra implorare una qualche particolare grazia: essa porta al petto la mano destra quasi a voler ricordare al Divino Figlio, a cui rivolge lo sguardo, il suo ruolo di Mediatrice dell’umanità. I volti della Madre e del Figlio, eccezionalmente belli, esprimono una stupefacente serenità in quegli sguardi che, sebbene non si incrociano, denotano chiaramente una perfetta intesa.
25. Annunciazione di Maria
(chiesa di Santa Maria di Gesù, Confraternita della SS. Annunziata)
Il gruppo statuario è databile intorno al 1799 ed è riferibile a Filippo Quattrocchi: con grande maestria e con interiore partecipazione l’artista ha colto il momento dell’annuncio dell’angelo e della totale adesione di Maria al messaggio divino. La Vergine, dal volto di particolare bellezza, presenta il capo reclinato e una serena espressione del viso (anche qui incorniciato dal copricapo a strisce che scende ondulato sul petto di Maria); la sua gestualità (la mano destra al petto e l’altra protesa verso il basso in segno dell’accoglienza) esprime il solenne momento del fiat magistralmente colto dal Quattrocchi. A dominare su tutto è lo Spirito Santo, simboleggiato dalla colomba ad ali spiegate poggiata sull’ala dell’Arcangelo: a rendere ancora più evidente il senso del movimento contribuiscono i due mantelli che avvolgono le figure, i cui lembi sembrano assecondare e seguire un leggero alito di vento proveniente dal lato della Vergine.
26. Sant’Espedito martire
(chiesa di San Biagio, Confraternita della SS. Annunziata)
Il simulacro, di recente fattura, mostra il Santo nella sua rappresentazione consueta, di aspetto giovanile e vestito da soldato romano con in mano il Crocifisso e la palma del martirio.
Le uniche notizie su questo Santo riguardano il giorno (19 aprile) e il luogo di morte (Melitene, ora Malatya, in Turchia): una tradizione non confermata indica che fu martirizzato insieme ad altri compagni sotto Diocleziano. Una leggenda presenta sant’Espedito come comandante della legione romana Fulminante e autore del miracolo dell’acqua avvenuto all’epoca di Marco Aurelio: perciò è rappresentato in vesti militari. Il culto di sant’Espedito è piuttosto antico e già nel Medio Evo il Santo era considerato patrono dei commercianti: in Sicilia si trova traccia dalla metà del XVIII secolo, specialmente a Messina e Acireale.