Il castello di Sperlinga

di Salvatore Farinella©, tratto da I Ventimiglia. Castelli e dimore di Sicilia, edizioni Editori del Sole, Caltanissetta 2007

Malgrado quest’ultima omissione, il castello di Sperlinga balza all’attenzione delle cronache del tempo prima ancora della fine del decennio: e l’episodio che fa del maniero un caso unico nella storia di Sicilia è legato alla insurrezione della Pasqua 1282 nota come il Vespro Siciliano che portò alla cacciata degli Angioini dal Regno di Sicilia. La circostanza vide Sperlinga rifiutarsi di insorgere, insieme ad altre città dell’isola, contro i francesi di Carlo d’Angiò e parteggiare per costoro offrendo loro rifugio: il detto “quod siculis placuit sola Sperlinga negavit” (ciò che piacque ai siciliani solo Sperlinga lo negò), coniato in epoca posteriore agli avvenimenti del 1282, testimonia quanto fosse radicata la presenza angioina in questo piccolo borgo dell’entroterra siciliano, tale da condizionare per i secoli a venire anche l’inflessione dialettale dei suoi abitanti (11).

Il castello di Sperlinga, facciata meridionale (foto S. Farinella©)
Il castello di Sperlinga, facciata meridionale (foto S. Farinella©)

Alcuni documenti dell’Archivio Aragonese e altri conservati nel Regio Archivio di Napoli (12) relativi agli anni 1282-1283 testimoniano il lungo assedio da parte delle truppe aragonesi alla fortezza di Sperlinga, assedio che si protrasse per molti mesi: nelle prime testimonianze (che vanno dal 10 ottobre 1282 al 4 agosto 1283) si coglie l’intensa e frenetica attività degli assedianti. Posti dal re Pietro d’Aragona sotto la guida di Roderigo Rui Ximenes de Luna castellano di Enna, le truppe regie espugnarono il castello di Sperlinga solamente dopo più di sei mesi di ferreo e duro assedio. In un documento del regio Archivio di Napoli datato 27 settembre 1283 invece Carlo d’Angiò (che s’era rifugiato nella penisola) esprimeva la propria riconoscenza al castellano di Sperlinga, Pietro di Lamanno, e ai suoi servientes concedendo loro benefici in terre e in monete d’oro per i servigi resi e per avere resistito all’assedio delle truppe avversarie. La resa di Sperlinga al re Pietro d’Aragona portò, probabilmente, alla distruzione o al danneggiamento della fortezza a monito ed esempio verso chi avesse voluto, nel futuro, sostenere cause avverse al Sovrano aragonese: in questo periodo sembra che la baronia di Sperlinga sia stata concessa al nobile Francesco Scaglione (13), ma si ignora con quale atto.

Superati i tragici fatti del Vespro, nel 1296 la baronia e il castello di Sperlinga giunsero in possesso dei Ventimiglia la cui Contea di Geraci confinava proprio con il territorio del piccolo ma strategicamente importante borgo (14): è probabile che nella sua strategia di espansione territoriale dei propri domini il conte Francesco I abbia acquistato la baronia dallo stesso feudatario Francesco Scaglione. Pur trovandosi topograficamente al margine del grande stato-contea di Geraci e pur essendo gestito per lo più dal ramo cadetto della famiglia madonita, nella politica insediativa territoriale dei Ventimiglia (che ne tennero il possesso fino al 1597 (15)) il castello di Sperlinga rivestì un ruolo fondamentale: il maniero costituì infatti uno dei principali baluardi orientali della vasta contea, strategicamente posto su una delle più importanti vie di comunicazione della Sicilia che da Palermo conduceva a Catania e Messina. La vicinanza con la cittadina demaniale di Nicosia, il controllo di una delle principali arterie di comunicazione e l’ottimale posizione di dominio territoriale facevano del castello di Sperlinga una delle più invidiabili ed ambite roccaforti medievali dell’entroterra siciliano ed uno dei punti più significativi della linea fortificata comitale.

Se teniamo conto che subito dopo la guerra del Vespro e la cacciata degli Angioini il fortilizio di Sperlinga rimase semi distrutto e probabilmente abbandonato (nonostante l’infeudazione al nobile Francesco Scaglione il quale avrà colto la prima occasione per alienare il castello), possiamo pensare che la ricostruzione del maniero possa essere stata intrapresa proprio da Francesco I Ventimiglia. Considerati i rarissimi elementi architettonici riconducibili al periodo antecedente al XIII secolo, le strutture tardomedievali del castello ancora oggi esistenti possono quindi ben attribuirsi all'attività edificatoria dei Conti di Geraci i quali, facendo sicuramente tesoro delle opere del primitivo impianto scavate nella roccia, rimisero nuovamente in efficienza quella rocca inespugnabile.

Bifora "chiaramontana" nel castello di Sperlinga (foto S. Farinella©)
Bifora "chiaramontana" nel castello di Sperlinga (foto S. Farinella©)

La struttura del castello si presenta oggi con una pianta oblunga di oltre cento metri per una larghezza massima di quindici metri: essa occupa la parte terminale della rupe (alta circa settanta metri) ed emerge in mirabile simbiosi con la roccia. Perfettamente leggibile nelle sue forme originarie, benché soggetto a varie demolizioni e a recenti restauri, il castello di Sperlinga si componeva di alcune strutture a diversi livelli impostate sulla balza rocciosa: all’esterno un primo recinto murato poggiato a mezza costa sulla rupe racchiudeva al proprio interno la maggior parte degli ambienti residenziali della fortezza, sia ipogei che costruiti, mentre una seconda cinta muraria situata nella parte più alta denunciava con le sue merlature l’aspetto difensivo del maniero. Il complesso assetto strutturale formato da opere murarie e ambienti rupestri a più livelli sovrapposti e differenziati dalla peculiare situazione morfologica della rupe denuncia particolari e ricercate soluzioni architettoniche e costruttive, capaci di sfruttare le preesistenti strutture ipogee e di farle coesistere, nel contempo, con le nuove opere murarie realizzate.

Dall'alto della rupe il maniero sovrasta il sottostante borgo feudale, un tempo anch’esso cinto da una cortina muraria sulla quale in epoca successiva furono edificate le abitazioni. Appena entrati nel borgo una rampa articolata si diparte dai piedi del masso e conduce verso il castello; ancora oggi è possibile scorgere le scale ricavate direttamente nella roccia che conducevano direttamente ai piedi della fortezza. L'acceso al maniero era possibile attraverso un portale dotato di arco ogivale protetto da un ponte levatoio; sulle mensole in pietra (ancora esistenti) era appoggiata la trave del ponte mentre nelle lunghe feritoie scorrevano gli àrgani per il sollevamento della struttura. Ancora prima di giungere al portale d’ingresso una serie di ambienti rupestri posti al di fuori del maniero rivelano l’esistenza di strutture a servizio della stessa fortezza.

L’aspetto esteriore della prima cinta murata del castello è caratterizzato da un lungo muro dotato di contrafforti e forato da una serie di aperture di epoche diverse; interessantissima è una bifora con colonnina sormontata da un capitello a foglie uncinate e con gli archetti sottolineati da una cornice con motivo a zigzag, riconducibile al linguaggio architettonico cosiddetto chiaramontano. Le altre aperture (due finestre ed un balcone con stipiti e mensole in pietra) sono invece riconducibili ai successivi interventi seicenteschi. Varcato l'antico portale si entra in un piccolo ambiente dove, in due conci di pietra arenaria di un arco ogivale è scolpita la frase “quod siculis placuit sola Sperlinga negavit”; secondo la tradizione l'iscrizione fu voluta dal re Pietro d’Aragona a ricordo della vicenda del Vespro, ma probabilmente appartiene ad epoca più tarda (16). Un corridoio coperto conduce al primo recinto scoperto della fortezza: è qui che si trova la maggior parte delle strutture del nucleo centrale del maniero. Nella parte anteriore una serie di ambienti rivolti a sud-ovest e costruiti a picco sulla rupe denunciano la parte residenziale del castello: qui trovavano posto le stanze del feudatario e dei suoi familiari, le sale d’armi e quelle destinate ai consessi, oltre alle sale adibite al pranzo ed al riposo. Una serie di altri ambienti più piccoli, con uno spessore del corpo di fabbrica ridotto rispetto ai primi e tali da lasciare nello spazio ad essi antistante una sorta di stretto cortile-corridoio, erano probabilmente destinati ai servizi del castello, alle cucine, ai magazzini e alla residenza della servitù.

 

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Note

 

11. - L’inflessione dialettale gallo-italica caratterizza ancora oggi in maniera piuttosto evidente l’idioma degli abitanti di Sperlinga e di numerosi altri centri siciliani, soprattutto dell’ennese e dei Nebrodi. L'origine di tale dialetto è dovuta all’insediamento di genti lombarde giunte in Sicilia durante la conquista normanna al seguito del Gran Conte Ruggero. E' probabile che a Sperlinga l'inflessione dialettale sia stata ulteriormente arricchita e condizionata da genti francesi presenti nel borgo durante la dominazione angioina.


12. - I documenti del Regio Archivio di Napoli furono ritrovati da Michele Amari che li pubblicò nella sua opera La guerra del Vespro Siciliano, Torino 1852; i documenti dell’Archivio Aragonese furono pubblicati invece dalla Soprintendenza agli Archivi della Sicilia in Ricordi e documenti del Vespro, a cura della Società Siciliana per la Storia Patria, Palermo 1882. Cfr. anche S. Lo Pinzino, Sperlinga, cit., p. 15 e segg..


13. - Cfr. S. Lo Pinzino, I possessori, cit., p. 14; G. Lanza Tomasi, E. Sellerio, Castelli, cit., p. 100.

14. - B. Muscia, Sicilia nobilis, Roma 1692 in S. Lo Pinzino, I possessori, cit., 187 p. 15. La notizia data dal Muscia è ripresa anche da altri autori.


15. - I Conti di Geraci furono possessori di Sperlinga per tre secoli, salvo una parentesi di pochi anni durante la quale dal 1338 (dopo la morte di Francesco Ventimiglia) la fortezza passò in possesso di Scaloro degli Uberti e successivamente di Riccardo Filingeri, per poi ritornare nel 1360 ad Emanuele Ventimiglia.


16. - Il Cavallari, cit., p. 300, nota n. 1, la riconduce ad epoca posteriore al 1400 mentre il Lanza Tomasi ed il Sellerio, cit., p. 101, dati i caratteri non riconducibili all’epoca medievale, ne collocano la realizzazione al XVII secolo quando il castello di Sperlinga, ad opera del nuovo proprietario Giovanni Forti Natoli, fu interessato da lavori di ristrutturazione.