Il castello di Sperlinga
di Salvatore Farinella©, tratto da I Ventimiglia. Castelli e dimore di Sicilia, edizioni Editori del Sole, Caltanissetta 2007
L’ultimo livello della fortezza è raggiungibile attraverso una ripida scaletta intagliata nella roccia che si inerpica lungo il crinale del masso: qui, seguendo il disegno della cresta, trova posto il “mastio”. Un portale ogivale realizzato con conci squadrati (alla maniera normanna) e contenuto in una torretta originariamente merlata introduce nello stretto recinto del mastio ricavato dal lembo di roccia finale: un piccolo vano ottenuto dalla stessa roccia e sottomesso rispetto al piano del portale costituiva l’alloggiamento per il corpo di guardia. E’ questa probabilmente la più antica opera muraria del castello di Sperlinga (20). Dalla terrazza del mastio dotata di camminamento di guardia ma anche di trabocchetti e di grandi fosse con funzioni di deposito per le derrate alimentari era possibile controllare il vasto territorio di pertinenza della fortezza, comunicando all’occorrenza con i visibili castelli di Geraci, di Gangi e di Nicosia.
La grandiosa struttura del maniero di Sperlinga, dove natura e opera dell’uomo si fondono in un insieme armonico e forse unico in Sicilia, dominava il sottostante borgo che in parte ricavato dalla stessa roccia e in parte edificato con strutture murarie ospitava i terrazzani e i sudditi del signore del luogo. Perfettamente utilizzati a scopi residenziali con annessi i vari servizi, gli ambienti rupestri alle pendici del castello vennero abitati dai residenti fino a pochi decenni fa ed ancora oggi appaiono parzialmente utilizzati: la singolare caratteristica di abitato rupestre del borgo medievale ha conferito a Sperlinga un aspetto particolarmente affascinante.
Qui, insieme agli ingrottati ricavati per le abitazioni, erano state scavate altre nicchie “simili ad un emiciclo poco profondo [che] non poterono servire nè per sepolcri, nè per abitazioni, perchè interamente aperte e quasi di niuna capacità utile ad usi domestici“ (21); ambienti che si ritiene fossero utilizzati in epoche remote per lo svolgimento di culti esoterici e sacri riti. L’eccezionalità e la straordinarietà di questi luoghi pieni di fascino e di mistero portarono qui viaggiatori come Jean Houel che, nel corso del suo viaggio in Sicilia nel corso del ‘700, nella fedele rappresentazione del castello di Sperlinga e delle sue grotte ci ha lasciato impareggiabili testimonianze di questa straordinaria architettura rupestre.
L’imprendibile castello di Sperlinga, le cui strutture murarie possono essere ben riconducibili all’operato edilizio dei Ventimiglia, costituì per alcuni secoli uno dei baluardi della linea fortificata della contea madonita: avamposto dei confini orientali ed estrema difesa dei domini comitali, il maniero visse il suo periodo di splendore fino quasi alla fine del XIV secolo quando, pur appartenendo ai Conti di Geraci, passò in potere di un ramo cadetto del medesimo casato. Riacquisito nel 1586 dal marchese Giovanni Ventimiglia l’antico castello venne definitivamente venduto nel 1597 al barone Giovanni Forti Natoli; il 30 novembre dello stesso anno costui ricevette il privilegio di poter edificare un nuovo borgo attraverso la concessione della licentia populandi. Con Giovanni Natoli, che nel 1628 ottenne anche il titolo di Principe, il castello di Sperlinga divenne il centro di una rinnovata prosperità economica ed aristocratica e le sue strutture vennero adattate alla nuova condizione dettata dalla volontà del nuovo signore di risiedere nel proprio maniero. Pur conservando le originarie strutture rupestri e murarie, la costruzione venne infatti conformata alle esigenze del Natoli, mutando il suo aspetto di fortezza a carattere difensivo in quello di palazzo residenziale dell’aristocrazia terriera.
Ma questa condizione di rinnovato splendore era destinata a non durare per molto tempo: la vendita di Sperlinga da parte di Francesco Natoli (figlio di Giovanni) nel 1658 a Giovanni Stefano Oneto e l’insediamento definitivo di quest’ultimo a Palermo, nonostante il privilegio del Ducato concesso su Sperlinga, portarono infatti all’abbandono e al definitivo decadimento dell’antica fortezza che per secoli aveva degnamente rappresentato il genio più alto dell’architettura militare medievale. Passato nel corso dell’800 alla famiglia Nicosia-Li Destri, il castello subì una radicale demolizione nel 1914 (22) quando numerose strutture vennero abbattute e alcuni ambienti scavati nella roccia vennero interrati. La donazione del maniero al Comune di Sperlinga da parte degli ultimi proprietari (avvenuta nel 1973) e i recenti interventi di restauro hanno tuttavia consentito di conservare le straordinarie, considerevoli parti superstiti del castello che rimane ancora oggi leggibile nelle sue forme originarie.
Concordando infine con quanto evidenziato da alcuni studiosi, cioè che “la regolarità del tracciato perimetrale è in rapporto alla dislocazione fisica dello stanziamento, dato che al sito, mai casuale e, di contro, univoco in rapporto sia alle effettive necessità sia alle scelte ideologiche del potere committente, si sottomette il tracciato sul terreno“ (23), riteniamo che il castello di Sperlinga bene rappresenti il rapporto duale che esistette fra sito (la cui scelta mai casuale era in stretta analogia con i progetti politici del signore feudale) e forma del manufatto che della morfologia del sito è espressione e prodotto.
Il castello di Sperlinga dunque, benché fosse il frutto di una precedente cultura storica ed architettonica, rappresentò certamente l’espressione della raffinata strategia politica(24) della famiglia Ventimiglia al cui operato pur sempre, nelle opere murarie e negli elementi stilistici trecenteschi oggi superstiti, il maniero può essere ricondotto.
Note
20. - Cfr. G. Lanza Tomasi, E. Sellerio, Castelli, cit., p. 106. In questa parte del maniero gli autori evidenziano le maggiori affinità con la tecnica perfetta dei lapicidi normanno-svevi. Le attuali merlature a coda di rondine, così come gli interventi di consolidamento e di ripristino filologico, sono opera del recente (1994-95) intervento di restauro.
21. - Cfr. F. S. Cavallari, Le città e le opere, cit., 301.
22. - La notizia è tratta da G. Lanza Tomasi, E. Sellerio, Castelli, cit., p. 108, ma gli autori non riportano quali furono le cause di tale demolizione.
23. - M. Giuffre’, M. Giuffrè, Castelli e luoghi forti di Sicilia, XII-XVII secolo, Palermo 1980, p. 11.
24. - In quanto a scelta del sito da acquisire e a riqualificazione di un manufatto esistente.