L’assedio del 1299, la presunta distruzione e la presunta riedificazione di Gangi: dalla storia all’invenzione

di Salvatore Farinella©, testi inediti tratti da GANGI. LA STORIA. Dal Medioevo al Novecento. Vol. I. Dalla fondazione normanna alla fine del Medioevo (XII-XV secolo). Il borgo e il suo territorio  (in corso di pubblicazione), ottobre 2012

Il borgo di Gangi (foto S. Farinella©)
Il borgo di Gangi (foto S. Farinella©)

4. La posizione di Gangi durante l’assedio

 

Stando ai cronisti, il borgo di Gangi assediato nel 1299 era in posizione eminente e praticamente inespugnabile: «Locus eminens atque inexpugnabilis bello est», scrisse infatti Niccolò Speciale considerato «fonte prima ed essenziale per la ricostruzione di quegli episodi» (22), tanto che falliti i tentativi di assedio ci si dovette accontentare dare il guasto alle campagne.

Diversi storici e studiosi siciliani indicano che lo stesso Sovrano, che nel gennaio 1299 si trovava a Polizzi, mosse contro la cittadina fortificata dal momento che essendo «ostinati i terrazzani e fortissimo il luogo» (23) non si riusciva a riprenderne il controllo: per Federico III era necessario «conquistare al più presto Gangi e Pietraperzia interrompendo, quindi, la manovra aggirante degli angioini che sarebbero stati costretti a ritirarsi in sacche di resistenza da eliminare in un momento successivo» (24). I tentativi per riconquistare il borgo furono vani e non si riuscì dunque a sottometterlo «per la fortezza del sito, [e] dato il guasto alle campagne e portatone via tutto il bestiame, [gli assedianti] si posero ad oste rimpetto alla terra per custodire i vicini luoghi» (25).

L’assedio prolungato di diversi mesi e la circostanza che lo stesso Sovrano movimentò le proprie milizie a rinforzo delle truppe d’assedio, fa credere dunque che la terra di Gangi si trovava in posizione elevata, ben fortificata da mura: ragione per cui gli assedianti non poterono fare altro che dare il guasto alle vicine contrade, incendiando le campagne circostanti e distruggendo qualche casolare. Tanto era in posizione eminente il borgo fortificato di Gangi che praticamente esso non fu espugnato e il Sovrano dovette ricorrere ai patti di resa per far capitolare gli insorti. Il dato esclude dunque una localizzazione della terra fortificata di Gangi nella contrada Gangi Vecchio - così come indicato da più parti - perché questo luogo era sottomesso alla montagna (addirittura, secondo Idrisi, sotto una boscaglia): né peraltro si hanno tracce di fortificazioni (a meno dei resti di quella che sembra una torre di avvistamento) o ruderi di un centro abitato sulla vetta del monte che sovrasta la contrada, il solo sito dove avrebbe potuto trovarsi la fortificazione.

 

È opportuno riportare le considerazioni di Illuminato Peri sulla questione: «Ci pare, invece, che la positura di Gangivecchio escluda l’ipotesi dello spostamento dell’abitato da lì al posto in cui è oggi Gangi. In effetti la cittadella assediata e presa dai fedeli di Federico d’Aragona era in posizione eminente, pressocchè imprendibile … “Ganges oppidum, quod nunc Gangium dicimus, ad partes regis Jacobi sponte declinans …”. Purtroppo il passaggio da Ganges [probabilmente la γαγγε (Gange) di epoca normanna, come riporta il Peri citando i diplomi dell’epoca] a Gangium poco ci dice di certo, ma il brano mostra che il nome Gangium sostituì altro affine, e soprattutto che ci fu variazione di nome e non rinascita in nuovo sito di località distrutta …» (26).

E ancora «l’ubicazione di Gangivecchio e del convento dei Benedettini, ricostruzione dei fatti del 1299, positura di g.flah, mostrano che il paese ricordato da Edrisi alle foci del Salso non era il castello Gangium teatro di quegli avvenimenti sullo scorcio del secolo XIII, nei quali non rimase distrutto ma certamente subì danni gravissimi. E da ciò viene naturale conseguenza che esistevano due abitati: quello minore (probabilmente un casale) sotto la boscaglia di nizar, e Gangium castello. Questo ultimo, che riporta al Monte Marone e alle pendici al vertice del Comune di Gangi, richiama maqarah; mentre il primo per la positura sotto una boscaglia, la vicinanza (dal basso) alle scaturigini del Salso, conduce a g.flah, e cioè a Gangivecchio …».

Infine lo studioso siciliano non cela come «anche un certo spostamento di abitanti (seppure non provato) potrebbe in questo senso trovare spiegazione: la popolazione di g.flah, per sfuggire ai saccheggi, può essere stata costretta a rifugiarsi nel castello, e - dopo aver subito, come in queste circostanze non era infrequente, le perdite più gravi e oltre la substantia aver visto rovinato l’abitato - a ridursi ad accrescerne la decimata popolazione … E oltre, e più ancora che ai vari casali rientranti nel tenimentum di un castello o di una città, e ai casi di castello e borgo (o casale) più o meno vicini portanti lo stesso nome … potrebbero giustificare (e conferirle anche colore di probabilità) l’ipotesi che, con reminescenza dall’antico, permanesse l’uso di due nomi (g.flah e maqarah) ma che nello stesso tempo per l’uno e l’altro agglomerato si affermasse il latino Gangium (rimasto poi al castello che, superstite, è stato il nucleo del grosso paese di oggi)» (27).

 

Il borgo di Gangi (foto S. Farinella©)
Il borgo di Gangi (foto S. Farinella©)

Alla luce dei documenti e delle risultanze sul territorio citati, e delle opinioni di indiscussi storici e studiosi siciliani (Michele Amari, Nicolò Palmeri, Illuminato Peri), emerge dunque chiaramente come la tradizione che per diversi secoli ha tramandato la distruzione dell’antica Gangi posta in quel di Gangi Vecchio e la sua ricostruzione, qualche tempo dopo, nel sito odierno sul Monte Marone, assunta a verità storica, non sia così chiara, solare e pacifica come è stato fatto credere: sembra anzi delinearsi un clamoroso “errore storiografico” basato su fragili basi. Come si è visto, non c’è infatti alcuna testimonianza attendibile che il borgo sia mai stato esistente nella contrada Gangi Vecchio e che esso sia stato distrutto nel corso di quegli eventi: a essere distrutto in quella circostanza dell’assedio del 1299 fu casomai solo il modesto casale di Gankah (o g.flah, in contrada Gangi Vecchio), posto in posizione di fondovalle e dunque poco difendibile, al cui toponimo originario (Gangium, che era lo stesso del centro principale sul monte Marone) da quel momento in poi venne aggiunto l’aggettivo Vecchio (28).

 

< indietro

 

 

Note

 

22 - I. Peri, I paesi delle Madonie, cit., p. 637.

23 - M. Amari, Un periodo delle istorie siciliane del secolo XIII, Palermo 1842, p. 226

24 - F. Giunta, A. Giuffrida (a cura), Acta Siculo-Aragonensia, cit., p. 21.

25 - N. Palmeri, Somma della storia di Sicilia, Palermo 1850, p. 320. 

26 - I. Peri, I paesi delle Madonie, cit., p. 637-638. Egli cita N. Speciale, Chronicon Siculum, IV, 9: in effetti il Chronicon Siculum è di un autore anonimo, mentre lo Speciale è autore della Historia sicula ab anno MCCLXXXVII ad annum MCCCXXXVII, in R. Gregorio, Bibliotheca scriptorum.

27 - Ivi, p. 639-640.

28 - Il primo documento conosciuto che parla di Gangi Vetere è, infatti, del 1363.