Origini normanne di Gangi ? Elementi per una nuova storia del borgo

di Salvatore Farinella©, testi inediti tratti da GANGI. LA STORIA. Dal Medioevo al Novecento. Vol. I. Dalla fondazione normanna alla fine del Medioevo (XII-XV secolo). Il borgo e il suo territorio  (in corso di pubblicazione), ottobre 2012

Veduta di Gangi da nord-est (foto S. Farinella©)
Veduta di Gangi da nord-est (foto S. Farinella©)

La questione

 

Come si è visto nella sezione precedente, non esiste nessuna prova storica che il borgo di Gangi sia stato distrutto durante l'assedio del 1299, anzi i documenti d’archivio (patti di resa) dicono esattamente il contrario; di conseguenza non esiste nessuna prova che l'attuale Gangi sul monte Marone sia stata fondata agli inizi del Trecento, anzi documenti d'archivio e pareri di indiscussi studiosi siciliani affermano esattamente il contrario; non esiste infine nessuna prova storica che in origine la terra di Gangi fosse ubicata nella contrada Gangi Vecchio, anzi le risultanze archeologiche e le opinioni di indiscussi studiosi dicono esattamente il contrario. In poche parole documenti, risultanze archeologiche e scritti di studiosi siciliani attestano che quanto è stato finora raccontato dalla storiografia tradizionale siciliana e locale riguardo alla fondazione dell’abitato nei primi anni del Trecento, dopo la presunta - e mai avvenuta - distruzione nel 1299 di un altro borgo (localizzato nella località chiamata Gangi Vecchio e ritenuto erede dell’antica Engyon), non ha alcun fondamento storico.

La rilettura dei documenti disponibili e il rinvenimento di nuovi elementi e indizi induce invece a delineare un’altra storia del nostro borgo, certamente più affascinante rispetto al racconto della tradizione: la possibilità, cioè, che Gangi sia stata fondata sul monte Marone durante la conquista normanna della Sicilia (1).

Quando i contingenti normanni giunsero nel nostro territorio (1062-1066) provenendo da Troina e spingendosi in direzione di Petralia, essi si ritrovarono di fronte a un monte - il monte Marone - isolato fra tre vallate, ai cui piedi dal lato orientale c’era uno snodo stradale che consentiva o di proseguire verso occidente (in direzione di Palermo) o di dirigersi verso meridione (in direzione di Enna) o di andare verso settentrione (in direzione di Tusa). A quella torba di uomini che giungevano da oriente la montagna dovette apparire come una imponente torre isolata nella campagna, un luogo conveniente per il controllo del territorio: qui è pensabile che i drappelli di cavalieri e le truppe di fanti abbiano provveduto ad accamparsi.

Lo scenario possibile porta dunque a pensare che durante le operazioni di riconquista della Sicilia, il Gran Conte Ruggero de Hauteville abbia fatto innalzare sul monte Marone un avamposto militare - una torre o un piccolo fortino - per il controllo del territorio e del sottostante strategico crocevia posto sulla più importante via di transito tra la Sicilia occidentale e la Sicilia orientale.

Ultimate le azioni belliche (1091) e stabilizzatasi la situazione sociale dell’isola, fra la fine dell’XI e i primi decenni del XII secolo attorno all’avamposto sul monte Marone la gente dei vicini casali - di Gankah (località che dopo i fatti del 1299 sarebbe stata chiamata Gangi Vecchio), di Alburchia, forse anche di Rahal Yannah nel frattempo rinominato Rahal Johannis, e delle fattorie dell’intorno - si sarebbe radunata sul monte e avrebbe dato vita al nuovo centro urbano il quale nei documenti del XII secolo sarebbe stato chiamato Gange o Gangiam.

Agli abitanti del luogo, fra i quali alcuni arabi, si sarebbe unita anche la gente venuta al seguito dei conquistatori normanni - per lo più calabresi e pugliesi in cerca di nuove terre - e insieme essi avrebbero fortificato il luogo innalzando una poderosa cinta muraria, avrebbero costruito le prime chiese dedicate ai Santi cari a quelle genti e avrebbero edificato le prime case, facendo tesoro delle esperienze costruttive di ognuno, gente di origine musulmana compresa: solo così, come si dirà, è possibile spiegare infatti la presenza nel nostro borgo di alcuni elementi di chiara epoca normanna altrimenti non plausibili.

In definitiva, l’ipotesi di una fondazione di Gangi sul monte Marone fra gli ultimi due decenni del secolo XI e i primi decenni del XII si basa sulla presenza insistente di alcune “tracce” che, prepotentemente, riconducono a una verosimile origine normanna della nostra cittadina. È bene avvertire che l’affermazione - che potrebbe sembrare un’avventata “rivelazione” e per qualcuno una autentica “eresia” per contraddire la tradizionale ma poco pacifica tesi sulla fondazione trecentesca dell’abitato - si fonda sui pochi documenti storici disponibili e, soprattutto, su una serie di ragionamenti che traggono spunto dalla presenza di notevoli indizi finora ignorati: elementi tutti che portano alla ipotesi di ricostruzione storica delle origini di Gangi.

Nelle considerazioni che seguono si cercherà di esporre i motivi per i quali è possibile ritenere che l’odierno borgo di Gangi sia sempre esistito sul monte Marone fin dalla sua fondazione che, riteniamo, possa essere collocata durante la riconquista normanna della Sicilia: ciò naturalmente, come si è detto, implica la conseguenza che durante l’assedio del 1299 il borgo si trovava nel suo sito attuale e che, pur assediato, non venne mai espugnato né distrutto e, dunque, neanche ricostruito al principio del XIV secolo.

 

Il Gran Conte Ruggero de Hauteville (foto da web)
Il Gran Conte Ruggero de Hauteville (foto da web)

Il contesto storico

 

Per chiarire la nuova ipotesi di ricostruzione riguardo alle possibili origini normanne di Gangi è necessario tratteggiare il contesto storico siciliano che poté portare alla nascita del nostro borgo, ossia l’azione di riconquista della Sicilia da parte dei Normanni che si protrasse per tre decenni. Protagonista assoluto di tale campagna fu il giovane Ruggero de Hauteville (Ruggero d’Altavilla) il quale nel 1061 intraprese dalla vicina Calabria l’invasione dell’isola ai danni delle fazioni musulmane. Le cronache della conquista, i resoconti di geografi arabi e i diplomi istitutivi delle diocesi siciliane, insieme a diversi documenti riguardanti i primi feudatari dell’epoca normanna, consentono di delineare la situazione delle Madonie nella prima età dei Normanni.

Le direttrici della conquista normanna (grafico S. Farinella©)
Le direttrici della conquista normanna (grafico S. Farinella©)

La conquista degli Altavilla - secondo la cronaca del monaco Goffredo Malaterra (2), al seguito del conte Ruggero - investe le Madonie negli anni dal 1062 al 1066, seguendo una direttrice di marcia che da oriente si spinge verso occidente e verso meridione. Dopo essersi impadroniti di Messina e di alcune località del Val Demone nel corso del primo anno di guerra, e dopo aver rinforzato con un nuovo castrum la roccaforte di San Marco d’Alunzio posta sui Nebrodi, nel 1062 i Normanni si dirigono verso il centro fortificato di Petralia probabilmente intercettando l’arteria viaria detta magna via Francigena, in seguito nota come “Regia Trazzera Palermo-Messina per le montagne”, secondo due possibili itinerari: o inoltrandosi subito verso l’interno, in direzione sud, fino a incontrare la strada nel tratto fra Randazzo e Cesarò, oppure seguendo la costa fino a Sant’Agata e poi inoltrandosi verso l’interno seguendo una trazzera per San Fratello e Capizzi e intercettando l’arteria fra Nicosia e Gangi.

Eserciti in battaglia (foto da web)
Eserciti in battaglia (foto da web)

La roccaforte di Petralia, abitata da greci e musulmani, viene consegnata a Ruggero che vi stanzia una guarnigione di cavalieri, facendo di essa la posizione più avanzata in territorio ostile. A questa prima offensiva potrebbe essre riferito forse l’insediamento di una guarnigione normanna sul Monte Marone, sede dell’odierna Gangi.

Ritiratosi in Calabria a seguito di uno stallo delle operazioni, il Gran Conte fa nuovamente ritorno in Sicilia l’anno seguente per riprendere le manovre. Dopo la vittoria di Cerami del 1063, le truppe si dirigono nuovamente verso le Madonie lungo la strada che già alla fine di quello stesso secolo è chiamata magna via Francigena: proveniente da Palermo, l’arteria proseguiva verso Messina procedendo per Castronovo (3) e attraverso le montagne delle Madonie, passava proprio per Petralia e per lo snodo di Gangi dov’era uno dei tanti hospitalia (4). In questo stesso anno le truppe di Ruggero devastano il territorio madonita occupando le fortezze di Collesano e di Cefalù: tre anni dopo (1066) il Gran Conte fa erigere presso Petralia un altro complesso fortificato, in una posizione formidabile per il controllo strategico della via Francigena che conduce a Palermo. Questo nuovo fortilizio - nell’ipotesi che la Petralia preesistente all’avanzata normanna sia da identificare con la Sottana - sarebbe stato eretto nel sito dell’odierna chiesa di Santa Maria di Loreto a Petralia Soprana e avrebbe dato avvio alla fondazione dell’odierna cittadina madonita.

Con il consolidamento di Petralia, che costituì la testa di ponte per la presa di Palermo fra il 1068 e il 1072, si può dire che alla fine del primo decennio di guerra le Madonie erano già passate in mano normanna: è probabile che le roccaforti di Geraci e Polizzi siano cadute già nel corso delle operazioni del 1063, mentre per Gratteri e Caltavuturo si dovette aspettare l’avanzata verso Palermo alla fine degli anni Sessanta.

Da qui ha inizio la ricostruzione di una nuova storia di Gangi ...

 

... continua

Note

 

1 - L’ipotesi l’ho già avanzata in S. Farinella, Storia delle Madonie. Dalla Presitoria al Novecento, Palermo 2010, p. 74 e segg..

2 - Gaufredi Malaterrae, De rebus gestis Rogerii Calabriae et Siciliae comitis ed Robertis Guiscardi ducis fratris eius, edizione Rerum Italicarum Scriptores 2, V 1, a cura di E. Pontieri, Bologna 1927-1928.

3 - G. Arlotta, Vie Francigene, hospitalia e toponimi carolingi nella Sicilia medievale, in M. Oldoni (a cura), Tra Roma e Gerusalemme nel Medioevo. Paesaggi umani ed ambientali del pellegrinaggio meridionale, Atti del Congresso Internazionale di Studi 26-29 ottobre 2000, Salerno 2005.

4 - S. Farinella, Storia delle Madonie, cit. p. 74.