La masseria fortificata di Bordonaro Soprano

di Salvatore Farinella©, testo (rivisitato e aggiornato) pubblicato in S. Farinella, Bordonaro Soprano. Agonia di un monumento, Quaderni di Progetto Gangi 1993, in S. Farinella, Gangi: una masseria in pericolo a Bordonaro Soprano, Bollettino nazionale Italia Nostra n. 354, 1999, in S. Farinella, Gangi. La masseria fortificata di Bordonaro Soprano, Espero n. 2/maggio 2007 

Veduta assonometria della masseria fortificata di Bordonaro Soprano (disegno S. Farinella©)
Veduta assonometria della masseria fortificata di Bordonaro Soprano (disegno S. Farinella©)
Bordonaro Soprano nel territorio di Gangi (grafico S. Farinella©)
Bordonaro Soprano nel territorio di Gangi (grafico S. Farinella©)

La masseria fortificata di Bordonaro Soprano si erge su di uno sperone roccioso a circa 800 metri di quota, noto nelle cartografie ufficiali come Pizzo Croce e posto qualche chilometro a sud di Gangi lungo la vallata del Fiume Gangi che, nascendo dalle estreme propaggini delle Madonie, dopo avere attraversato nella sua interezza il territorio comunale dell’omonimo centro abitato, si riversa nell’Imera meridionale o Salso. L’area è fortemente permeata dalla presenza di insediamenti umani di varie epoche: Serra del Vento, sito di un centro datato dall’età del bronzo, il castello (o ciò che resta) di Rahal Iohannis, le tombe rupestri dell’intorno. In una ottimale posizione strategica di controllo territoriale, la masseria fortificata domina - verso sud - la vallata del fiume Imera digradante verso i territori di Enna e Caltanissetta, mentre a nord rimane in collegamento visivo con le altre strutture feudali del territorio come Regiovanni (1), la masseria fortificata di Capuano e il castello di Gangi. Il complesso architettonico di Bordonaro Soprano può ascriversi alla tipologia delle masserie feudali fortificate che, fin dal medioevo, costellarono i grandi tenimenti feudali garantendone la difesa dalle incursioni esterne.

La storia

 

La storia dell’insediamento rurale di Bordonaro Soprano è intrinsecamente legata alla storia delle famiglie feudali che, durante i secoli, ne detennero il possesso. In origine il feudo era denominato  semplicemente Bordonaro, e si componeva dei due feudi in seguito chiamati Bordonaro Soprano e Bordonaro Sottano: per un lungo periodo esso fece parte della baronia di Rahal Johannis. La prima notizia riguardo all’infeudazione del feudo di Bordonaro risale al 1292, quando l’infante Federico assegnò a Giovanni del Monte e ai suoi eredi i due feudi Bordonaro e Rafaulica (Raulìca, oggi Rica) con un reddito annuo di 10 onze e l’obbligo di fornire mezzo cavallo armato (2): il feudo, come quello di Rahal Johannis, ricadeva nel Val di Noto e nella valle di Castrogiovanni.

Nel 1335 risulta che gli eredi del dominus Eximenio Sosa ricavavano 40 onze di reddito dal feudo Bordonaro e Raulia (o Rauklia) e che nel 1345 gli stessi eredi, abitanti a Messina, corrispondevano l’adoa per due cavalli armati (3): sfugge tuttavia il passaggio dell’investitura dai del Monte ai Sosa. Sembra comunque che nel 1348 il feudo sia tornato nella disponibilità del demanio regio e della camera reginale: nel luglio del 1349 infatti la regina Elisabetta, moglie di Pietro Il d’Aragona, vendette per 800 onze al suo segretario notar Giovanni Paolillo o de Paulillis i feudi Bordonaro, Rafaulica, Regiovanni e Artisina: a costui successe il figlio Nicola Paolillo che nel gennaio 1371 ricevette da Federico IV l’investitura dei feudi Bordonaro e Regiovanni (4). Della vasta baronia di Regiovanni facevano parte, oltre al feudo e al castello di Regiovanni e a quello di Bordonaro, anche i feudi di Artisina e Raulica e successivamente quelli di Casalvecchio, Gulfo, Menta, Castagna, Ramusa e Mandralisca (5).

 

Pizzo Croce e la torre di Bordonaro Soprano (foto S. Farinella©)
Pizzo Croce e la torre di Bordonaro Soprano (foto S. Farinella©)

Resosi ribelle a re Martino, nel 1392 Nicolò Paolillo venne spogliato della baronia di Regiovanni (o Rachaliohanni) e dei feudi Artisina, Bordonaro e Rafaulica (o Baulica) i quali, l’anno seguente, vennero assegnati al fratello - forse illegittimo - Andrea: tuttavia nel dicembre del 1396 il sovrano revocò il privilegio e concesse il feudo di Bordonaro (e gli altri feudi della baronia di Regiovanni) a don Cicco Ventimiglia, figlio naturale di Francesco II conte di Geraci e di Collesano (6).

I Ventimiglia di Geraci erano allora, e lo furono per lungo tempo, una delle famiglie più potenti e influenti del Regno di Sicilia: alla Contea di Geraci della quale ne erano i signori, un vero e proprio stato nello stato, appartenevano numerose terre sparse in tutta l’isola: di essa, infatti, facevano parte Geraci, Gangi, San Mauro, Castelluccio, Regiovanni, Pollina, Castelbuono, Collesano, Sperlinga, Capizzi, Mistretta, Isnello, Migaido, Tusa e tutti i feudi ricadenti all'interno di quei territori, oltre a possedimenti nelle odierne provincie di Trapani, Agrigento, Caltanissetta e Siracusa. I Ventimiglia ricoprirono inoltre la carica di Vicario Generale del Regno con la quale, in vece del re minorenne, governarono per lungo tempo.

Gli eredi di Cicco Ventimiglia detennero il possesso del feudo di Bordonaro fino alla seconda metà del Cinquecento: tuttavia, già nel 1529 Giovanni Ventimiglia suddivise il feudo in due parti, denominate appunto Bordonaro Soprano e Bordonaro Sottano, assegnandone ciascuna parte in dote ai propri figli: a Federico assegnò il feudo di Bordonaro Soprano mentre a Laura cedette in dote quello di Bordonaro Sottano.

 

La masseria fortificata di Bordonaro Soprano (foto S. Farinella©)
La masseria fortificata di Bordonaro Soprano (foto S. Farinella©)

Nel 1577 il feudo di Bordonaro Soprano fu venduto da Giovanna Ventimiglia - baronessa di Regiovanni, figlia di Federico e moglie di Carlo, terzogenito del conte di Geraci (Giovanni Ventimiglia Moncada), conte di Naso e Stratigoto di Messina - ai fratelli Filippo, Egidio, Domenico e Luca de Ortolano, i discendenti dei quali ne tennero il possesso fino alla fine del secolo scorso (7): è forse a questo periodo che può farsi risalire la costruzione della masseria fortificata di Bordonaro Soprano, anche se non è da escludere la preesistenza della torre in epoca antecedente al XVI secolo, posta a controllo del feudo e della antica vicina regia trazzera che da Gangi portava a Calascibetta e quindi a Enna.

La zona nella quale sorge il complesso di Bordonaro Soprano era tuttavia abitata fin dall’antichità: su un rilievo montuoso a poche centinaia di metri a est della masseria fortificata, denominato Serra del Vento, è certa la presenza di un villaggio dell’età del bronzo antico (XVIII-XV secolo a.C.), dal nome ancora sconosciuto, ellenizzato nel corso del IV-V sec. a.C.: diversi indizi mostrano poi una frequentazione dell’area immediatamente intorno alla masseria fortificata fin dall’antichità e in periodo alto medievale, come testimoniano anche i diversi ingrottati e i frammenti reperibili nel sito.

 

... continua

 

Note

 

1 - Cfr. V. Amico, Dizionario topografico della Sicilia, tradotto cd annotato da G. Di Marzo, Palermo 1855 e T. Fazello, De rebus Siculis deche duo, tradotto dal P.F. Remigio, Palermo 1628.

2 - A. Marrone, Repertorio della feudalità siciliana (1282-1390), Quaderni di Mediterranea ricerche storiche, n, 1/2006, p. 283: le notizie sono tratte da G.L. Barberi, I capibrevi, I, I feudi di Val di Noto (a cura di G. Silvestri), Palermo, 1879, p. 133 e da G. La Mantia, G., Codice diplomatico dei re aragonesi di Sicilia. II (1291-1292) (a cura di A. De Stefano - F. Giunta), Palermo, 1956, pp. 90 e 113.

3 - Ivi, p. 402. L'adoa o adoha era il versamento in denaro che il feudatario era chiamato a prestare al re in cambio del servizio militare in termini di un numero prefissato di armigeri cui era tenuto e che non poteva o preferiva non dare: tale somma di denaro era detta appunto adohamento da cui adoha (forse dal latino adiumentum sostegno, aiuto).

4 - Ivi, p. 319-320.

5 - Si veda F. San Martino De Spucches, Storia dei fudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalla loro origine ai nostri giorni, Palermo 1924-1933, al quadro relativo al barone di Regiovanni.

6 - Ivi, vol. I, p. 412. Si veda anche A. Marrone, Repertorio della feudalità siciliana, cit., p. 320.

7 - Ibidem.