Il castello di Regiovanni

di Salvatore Farinella©, tratto da I Ventimiglia. Castelli e dimore di Sicilia, edizioni Editori del Sole, Caltanissetta 2007, p. 263-273

La rocca di Regiovanni (foto S. Farinella©)
La rocca di Regiovanni (foto S. Farinella©)

 

Tenendo conto di questa ipotesi possiamo ritenere superata la datazione proposta che colloca l’insediamento intorno al 1150-1180, ultimo periodo in cui si sarebbe avuta una presenza radicata di superstiti musulmani in questa zona tale da giustificare la nascita del toponimo misto arabo-latino. Più verosimile ci sembra invece l’ipotesi che il castello di Rahal Iohannis, eretto su preesistenze (un casale) nel corso del dominio arabo, sia caduto in mano normanna durante la campagna di conquista. Posto alla confluenza dei tre Valli in cui era stata suddivisa la Sicilia dai Musulmani, il castello di Rahal Iohannis controllava quindi la vallata dell’antico fiume Imera e il territorio che dalle Madonie si apriva verso Enna.

Secondo il De Spucches e il Villabianca (8) sembra che nell’elenco dei feudatari del 1296 risulti possessore del castello e del feudo un certo Giovanni de Jheremia. Ben presto però la fortezza di Rahal Iohannis era destinata a diventare dominio dei Ventimiglia. A causa della ribellione del barone de Jheremia contro Federico III d’Aragona e contro la famiglia madonita che parteggiava per il Sovrano aragonese - forse perché animato dalla medesima spinta che portava alcuni nobili ad appoggiare la fazione angioina che puntava alla riconquista dell’Isola -, così come l’abitato di Gangi anche il castello di Rahal Iohannis fu danneggiato nelle agitazioni del 1299: a seguito dell’evento la baronia sarebbe finita in potere dei Ventimiglia (9).

Contrastanti sono invece le notizie forniteci da altri studiosi circa le vicende di Rahal Iohannis nell’ambito del panorama storico ventimigliano. Secondo alcuni sembra infatti che nel 1330 (all’interno di quella strategia politica che durante il primo quarto del XIV secolo portò il Conte di Geraci ad acquisire e accentrare numerose terre produttive gravitanti nell’area madonita) Francesco I Ventimiglia abbia usurpato il feudo e il castello di Rahal Iohannis ad un’altra famiglia feudale a cui apparteneva (10); altri riportano invece che il castello fu cinto d’assedio dalla truppe regie di Federico III nel 1336 (11), facendo ciò supporre che la baronia di Rahal Iohannis non apparteneva ai Ventimiglia i quali tuttavia in quel periodo erano fedeli alla Corona aragonese e risultavano fra i feudatari più favoriti dal Sovrano (12).

Un’ultima notizia sui rapporti fra il castello di Rahal Iohannis e i Ventimiglia infine ci è fornita dal Palmeri: secondo lo storico infatti, nell’ambito delle vicende che videro Francesco I Ventimiglia contrapposto ai Chiaramonte e agli altri feudatari del Regno tacciato di tradimento nei confronti del re Pietro II, nel dicembre 1337 “il conte di Geraci, per estendere gli stati suoi, usurpò di viva forza il castello di Regiovanni a quelli contermine” (13), perdendone comunque subito dopo il possesso insieme agli altri beni della vasta contea madonita. In effetti, stando alla cronaca della ribellione del conte Francesco, sembra che il castello di Rahal Iohannis abbia giocato un ruolo non indifferente nella vicenda se il cronista Michele da Piazza, fra le terre del Ventimiglia che si ribellarono al re Pietro, così lo ricorda nella sua opera: “et Ragal Joannis, quod castrum Ragal Joannis rapuit dictus comes in dicta rebellione cum tractatu hominum terrae Gangij”, per quanto l’autore in un passo successivo lo indichi anche come “castri regii Ragal Joannis” (14).

Resti del castello di Rahal Johannis (foto S. Farinella©9
Resti del castello di Rahal Johannis (foto S. Farinella©9

Facendo parte del sistema difensivo del grande stato feudale ventimigliano, la fortezza di Rahal Iohannis fu probabilmente ricostruita in seguito agli episodi del 1299 e costituì il baluardo meridionale della Contea di Geraci a controllo di quella parte di territorio che, a sud, si apriva verso Enna e il cuore della Sicilia. Punto strategico per il dominio territoriale, la fortezza di Rahal Iohannis era visivamente collegata con i castelli di Gangi e di Geraci e sovrastava quell’importante via d’acqua rappresentata dal fiume di Gangi, affluente dell’Imera, controllando uno dei più feraci territori granari dell’entroterra siciliano e la trazzera che univa le Madonie con la città demaniale di Castrogiovanni. Non sappiamo in qual modo il castello e la baronia di Rahal Iohannis (che allora era composta da otto feudi) seguirono le vicende della famiglia Ventimiglia nel corso del XIV secolo: possiamo ipotizzare che alla morte del conte Francesco I, nel 1338, insieme a Gangi e agli altri castelli anche Rahal Iohannis sia passato al figlio primogenito Emanuele al quale, per disposizione testamentaria, era stata assegnata la vasta Contea di Geraci poi riunificata a quella di Collesano dal fratello Francesco II intorno al 1354 (15).

Notizie più certe abbiamo invece dal 1396, anno in cui il feudo e il castello furono assegnati a Francesco Chicco [si legga Cicco] Ventimiglia, figlio naturale del conte Francesco II e fratello di Enrico II (Conte di Geraci) e di Antonio (Conte di Collegano). Terzogenito del conte Francesco, don Chicco era stato diseredato dal padre per avere disonorato l’abito talare e per essersi rifiutato al sacerdozio: la causa sarebbe stata una nobildonna della quale il giovane Ventimiglia s’era invaghito e che gli avrebbe dato dei figli (16). Pur essendo stato dispensato dal vescovo di Cefalù dal suo stato sacerdotale (17) don Chicco era incorso nella clausola testamentaria con la quale il conte padre imponeva ai due fratelli Enrico e Antonio di non prestargli alcun aiuto; mossi a pietà i due contravvennero però alla condizione imposta e aiutarono il fratello, ritrovandosi insieme allorquando Martino e Maria, regnanti di Sicilia, e Martino re d’Aragona li dichiararono ribelli per essersi opposti all’avvento dei nuovi Sovrani nel Regno di Sicilia (18). Nell’occasione fu proprio don Chicco a recarsi a corte per negoziare la pace con i regnanti a favore dei fratelli.

Ed è proprio nel documento riguardante i Capitoli di pace concordati fra re Martino d’Aragona, Martino e Maria e i tre fratelli Antonio, Enrico e Francesco Ventimiglia (per mezzo del loro procuratore Francesco Berth Ventimiglia) che si rinviene l’assegnazione fatta a don Chicco del castello e del feudo di Rahal Iohannis insieme alle baronie di Bordonaro, Raulìca e Altesina (19). Con quei Capitoli, dati a Catania l’8 e il 12 ottobre 1396, i Sovrani perdonarono le colpe dei Ventimiglia e li reintegrarono nei loro possedimenti restituendo loro sia i beni che le cariche: non senza il pagamento di uno scotto come la restituzione delle rettorìe e castellanìe di Cefalù, Nicosia e Sperlinga fino allora in mano alla famiglia madonita.

Il detto don Chicco chiese quindi ai Sovrani il possesso del castello di Rahal Iohannis: “Item supplica lu dictu don Chiccu ki sia data a si et a soy heredi in baronia et impertuum lu castellu et fegu di Rayalaiohanni cum lu feudu di Burdunaru et Raulica et lu terrenu di Lartissina comu la tinia lu baruni et teni hogi don Chiccu non obstanti ki altru chi havissi raxuni”, e i regnanti accordarono la donazione: “Plachi a li dicti maiestati” (20). Il privilegio fu dato da re Martino a Messina l’11 dicembre 1396 e i Ventimiglia tennero l’antico castello di Rahal Iohannis fino al 1625, anno in cui il possedimento, insieme a quello di Gangi, fu venduto a Francesco Graffeo.

 

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Note

 

8 - F. San Martino De Spucches, Storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalla loro origine ai nostri giorni, Palermo 1924-1933, quadro 788, p. 203; F. M. E. Gaetani marchese di Villabianca, Della Sicilia nobile, Palermo 1754, parte II, libro III, p. 416. Entrambi si riferiscono al Muscia, Sicilia nobile, mentre il Villabianca cita anche il Bonfiglio, Storia di Sicilia.

9 - Il Fazello, nella sua cronaca, dà invece un’altra versione dei fatti imputando a Francesco Ventimiglia, che secondo l’autore era allora signore di Rahal Iohannis, la ribellione a Federico III (definito II dall’autore) e la conseguente distruzione della fortezza. Se consideriamo il notorio rapporto che in questo periodo della storia siciliana legava i Ventimiglia alla Corona aragonese e, in particolare, al sovrano Federico III che considerava Francesco Ventimiglia fra i suoi baroni favoriti, non sembra che questa versione data dal Fazello possa essere condivisa. Cfr. T. Fazello, De Rebus Siculi, deche duo, versione italiana Storia di Sicilia, a cura dell'Assessorato Beni Culturali e Ambientali e della P.I. della Regione Siciliana, 1990, libro X, cap. I, p. 446. Lo stesso Villabianca annovera la fortezza di Rahal Iohannis fra i possedimenti del Conte di Geraci.

10 - P. Corrao, I Ventimiglia: alle origini di un potere signorile, in Nuove Effemeridi, rassegna trimestrale di cultura, n. 27, 1994, p. 32. Non cita l’autore né a chi appartenesse il feudo di Rahal Iohannis usurpato dal Ventimiglia né la fonte dalla quale trae la notizia.

11 - G. e H. Bresc, L’habitat sicilien médiéval, cit., p. 65, 66 ripreso anche da F. Maurici, Castelli, cit., p. 121. Secondo gli autori sembra che all’anno 1336 risalgano alcuni diplomi del re Federico III in obsidione Rakhaljohannis conservati presso l’Archivio di Stato di Napoli (Archivio Pignatelli Aragona Cortes, Diplomi, 20).

12 - In effetti poiché il castello di Rahal Iohannis non appare fra i possedimenti di Francesco Ventimiglia citati nella quietanza Montonino del 1322 (o del 1307) potremmo pensare che in questo periodo il feudo e la fortezza non fossero in potere del feudatario madonita. Tuttavia ciò non può stupire più di tanto se consideriamo che altre terre e castelli già a quella data appartenenti al Conte di Geraci, come ad esempio Collesano, Sperlinga o Pollina, non figurano fra i possedimenti ventimigliani per i quali il Conte rilasciò quietanza al suo Maestro Procuratore.

13 - N. Palmeri, Somma della storia di Sicilia, Palermo 1856, ristampa Milano 1978, p. 338. Erra l’autore quando, proseguendo, scrive che “la Corte addì 29 dicembre 1338 bandì contro il conte di Geraci la sentenza di morte e della perdita dei beni”, poiché la sentenza, data a Nicosia, venne emanata nel dicembre del 1337 e il conte Francesco Ventimiglia venne ucciso nel successivo mese di febbraio 1338.

14 - A. Giuffrida (a cura), Michele da Piazza. Cronaca 1336-1361, Palermo 1980, p. 52, 53.

15 - Non sembra essere dello stesso parere la Stalteri Ragusa che, seguendo le notizie riportate dal Barberi e dal San Martino De Spucches, vede la baronia di Rahal Iohannis, subito dopo le vicende che portarono alla morte Francesco I Ventimiglia, appartenere nuovamente alla famiglia de Jheremia per poi passare alla Curia e, successivamente, alla famiglia Paulillo. Comunque l’autrice riconosce il ruolo territoriale svolto dal castello di Rahal Iohannis all’interno della vasta signoria madonita costruita dai Ventimiglia. Cfr. G. Stalteri Ragusa, Don Cicco Ventimiglia. Il ruolo di un cadetto, in AA.VV., Potere religioso e potere temporale a Cefalù nel Medioevo, Atti del Convegno Internazionale, Cefalù 1985, nota n. 43, p. 52.

16. - Il De Spucches elenca fra i figli di don Chicco solamente Antonio, Eufemia e Fiordiligi. Cfr. F. San Martino De Spucches, Storia dei feudi, cit., quadro 788, p. 204. Sulla figura di don Cicco Ventimiglia si cfr. l’interessante saggio della Stalteri Ragusa sopra citato.

17 - A. Mogavero Fina, I Ventimiglia Conti di Geraci e Conti di Collesano, Baroni di Gratteri e Principi di Belmonte - Correlazione storico-genealogica, Palermo 1980, p. 52.

18 - Cfr. G. Stalteri Ragusa, Don Cicco, cit., p. 43, 44.

19 - Cfr. E. Mazzarese Fardella, Il Tabulario, cit. , doc. n. 43, p. 148 e segg.. Si cfr. anche A. Flandina, Capitoli di pace tra i due Martini e la regina Maria con Francesco, Enrico ed Antonio Ventimiglia, in Archivio Storico Siciliano, XI, Palermo 1887.

20 - Ibidem. La circostanza che vede don Cicco Ventimiglia chiedere ai Sovrani la baronia di Rahal Iohanniscomu la tinia lu baruni et teni hogi don Chiccu non obstanti ki altru chi havissi raxuni”, ci porta in effetti a non escludere del tutto un ritorno della signoria alla famiglia Jheremia dopo la morte del conte Francesco I nel 1338 e successivamente, secondo i passaggi del De Spucches, una concessione alla famiglia de Paulillis la quale secondo il Barberi detenne la baronia dal 1349.