Il castello di Regiovanni

di Salvatore Farinella©, tratto da I Ventimiglia. Castelli e dimore di Sicilia, edizioni Editori del Sole, Caltanissetta 2007, p. 263-273

Castello di Rahal Johannis, particolare delle scale intagliate nella roccia (foto S. Farinella©)
Castello di Rahal Johannis, particolare delle scale intagliate nella roccia (foto S. Farinella©)

 

Il castello di Rahal Iohannis oggi non è che una masseria aggrappata al costone roccioso che, inesorabilmente, mostra i segni di sconvolgimenti avvenuti in epoche oramai lontane: il costone di roccia che si erge maestoso dalla campagna, con i lati rasati e a picco, presenta ancora alcune testimonianze della struttura difensiva sorta per il controllo del territorio e per la protezione del borgo che esisteva nei pressi della rocca. Lo stesso H. Bresc - che riconduce le fortificazioni in roccia siciliane agli esempi di “civiltà rupestre” talora presenti anche nell’area dell’Italia meridionale e caratterizzati da forti connotazioni paleocristiane e bizantine nonché ai castelli rupestri dei massicci montuosi bèrberi del nordafrica -, accomuna il “donjon rupestre” di Rahal Iohannis, “avec des salles évidées dans l’épaisseur d’un piton massif de calcaire”, alla fortezza di Sperlinga all'interno di un più vasto sistema di fortezze rupestri in attività durante il medioevo siciliano (21).

Nonostante le distruzioni operate dal tempo e dagli uomini le testimonianze del castello di Rahal Iohannis attestano ancora oggi il ruolo svolto dalla fortezza madonita nel panorama dell’incastellamento siciliano. Così sul costone roccioso si notano ancora i resti di alcune scale intagliate direttamente nella viva roccia, reminiscenze di camminamenti e di collegamenti fra le varie parti del castello, o la serie di ambienti e ingrottati rupestri ricavati per il ricovero di uomini o per il deposito di derrate, o ancora i resti di opere murarie impostate direttamente sulla roccia, a strapiombo sul vuoto, e i sesti ricavati nel sasso per alloggiare le travi lignee a copertura di ambienti o a sostegno di sovrastrutture.

Con i suoi resti in parte murari e in parte ipogeici, l’alto pinnacolo roccioso testimonia ancora oggi il carattere estremamente forte del sito: fortificato come avamposto militare con aggrappato un modesto casale probabilmente durante il dominio musulmano della Sicilia, esso fu riutilizzato in periodo normanno e in epoca successiva divenne punto significativo della linea fortificata ventimigliana. Certamente facevano parte della compagine rurale fortificata di Rahal Iohannis anche il vicino impianto di Casalgiordano (nome medievale anch’esso composto da due termini di cui uno nome proprio) e l’altrettanto vicina masseria fortificata di Bordonaro della quale rimane ancora la torre (forse più tarda) e l’impianto originario.

A un intervento ventimigliano sembra invece potersi ricondurre l’attuale fabbrica posta ai piedi del costone roccioso, o almeno parte di essa: nonostante appaiano fin troppo evidenti le notevoli modifiche e le manomissioni subite durante gli anni tuttavia la stretta simbiosi della struttura edificata con la grande roccia si manifesta in tutta la sua interezza. Ciononostante, almeno nelle sue linee primitive di impianto, il piano terreno dell’edificio denuncia ancora quello che doveva essere l’accesso originario all’antico castello rupestre, conservando parte degli elementi costitutivi dell’epoca tardo medievale.

Compresa fra due alte unghie di roccia che sembrano racchiuderla in una sorta di struttura turrita, la facciata occidentale del fabbricato appare piuttosto sobria, sottolineata solamente dal portale in conci con arco policentrico sormontato dallo stemma lapideo con le armi dei Ventimiglia e la data del 1418. E’ probabile che dopo la conferma martiniana del 1396 i Ventimiglia abbiano ricostruito quel che rimaneva dell’antico maniero rupestre di Rahal Iohannis conferendogli più l’aspetto di residenza palazziale rurale che non quello di vera e propria fortezza a presidio del feudo, conservando purtuttavia i caratteri propri del vecchio castello.

Ed è proprio in alcuni elementi del piano terreno dell’edificio che è possibile riscontrare ancora quei caratteri verosimilmente appartenuti al precedente impianto fortificato: così ad esempio la piccola feritoia esterna ricavata in quell’unghia di roccia che, a destra di chi guarda, era rivolta verso il portale d’ingresso a controllo e a difesa dell’accesso, o l’altra piccola feritoia rivolta proprio all’ingresso e ricavata nel parapetto della scala interna che conduce al piano superiore, o ancora le volte a crociera archiacute, o la cisterna e gli ambienti scavati nella roccia.

Superato il portale d’ingresso ci si immette in un ampia entrata pressoché quadrangolare coperta da una volta a crociera e da qui, oltrepassato un grande arco, si arriva in una sorta di cortile in parte coperto con una volta leggermente ogivale; dal cortile si diparte la scala che addossata alla parete rocciosa conduce al piano superiore. Questa corte interna assume la funzione di disimpegno dei vari ambienti che, costruiti in muratura o ricavati dalla roccia, si trovano nella parte retrostante l’edificio e le cui differenze di quota vengono raccordate da brevi rampe di scala: due di questi ambienti sono ricavati interamente all’interno del costone roccioso mentre gli altri due, posti alle estremità dell’edificio, risultano in parte incavati nel masso e in parte delimitati da solide murature che tramite delle finestre consentono l’affaccio verso l’esterno. Sulla natura di questi ambienti al piano terreno e sulla loro funzione originaria possiamo solamente ipotizzare che essi fossero destinati al servizio dell’intero complesso fortificato.

Resti di strutture murarie del castello di Rahal Johannis (foto S. Farinella©)
Resti di strutture murarie del castello di Rahal Johannis (foto S. Farinella©)

Nella parte anteriore della costruzione, lateralmente all’ingresso, trovano posto invece due grandi ambienti accessibili direttamente dallo stesso disimpegno: in quello di destra coperto da una volta si apre la piccola feritoia strombata a difesa dell’accesso esterno che, anche internamente, caratterizza l’ambiente.

Salendo lungo la scala che si diparte dal piccolo cortile si giunge al piano superiore dell’edificio, un tempo piano nobile del complesso ventimigliano. Dell’originaria struttura oggi non rimane più nulla essendo stata interamente ristrutturata in epoca successiva con interventi che hanno praticamente cancellato le tracce del primitivo assetto.

Di particolare interesse sono invece gli ambienti ipogeici ricavati nel costone roccioso in epoca sicuramente anteriore e riutilizzati successivamente. Oggi difficilmente accessibili, essi ci sono descritti dalla gente del luogo come delle grandi, a volte enormi stanze che assolvevano a funzioni certamente non di servizio, dotate di sedili e di incavi dove poggiare le lucerne. In una di esse una colonna ricavata dalla stessa pietra arenaria sembra sorreggere il soffitto di roccia alto circa due metri dal piano del pavimento: gli ambienti ipogeici erano sicuramente collegati fra loro tramite passerelle e scalette lignee giustapposte alle pareti verticali del masso. Una serie continua di piccoli buchi e di più ampi fori praticati nella roccia consente di ipotizzare che in essi venivano alloggiate le travi lignee a sostegno di sovrastrutture pensili di camminamento. Resti di murature costruite sui pinnacoli del costone e scalette intagliate direttamente nella viva roccia denunciano, infine, il pieno utilizzo dell’elemento naturale affiorante ed un suo uso a controllo e difesa del territorio circostante.

Come gli altri possedimenti della famiglia madonita anche il castello di Rahal Iohannis seguì le alterne vicende dei Ventimiglia. Gli eredi di don Chicco conservarono il possesso del castello e del feudo ininterrottamente fino al XVI secolo quando, insieme ad altri feudi della baronia, questi possedimenti furono venduti una prima volta a Francesco Starrabba: successivamente i beni vennero riacquistati dalla famiglia madonita in cambio del contado e della terra di Naso già acquisiti precedentemente dai Ventimiglia (22).

A causa della grave crisi finanziaria in cui vennero a trovarsi fra la fine del XVI e il primo ventennio del XVII secolo (difficoltà in parte superata ma che lasciò profondi segni nella famiglia madonita) i Ventimiglia furono costretti ad alienare alcune delle vecchie baronie che fino ad allora avevano costituito il grande Stato della Contea di Geraci. Così nel 1625, insieme alla terra e al castello di Gangi, essi vendettero l’antico castello di Rahal Iohannis con tutti i feudi e la baronia a Francesco Graffeo che nello stesso anno, per concessione regia, ottenne il titolo di Marchese. Dai Graffeo, per dote matrimoniale, l’antico castello passò ai Valguarnera (che nel contempo erano divenuti anche Principi di Gangi) per ritornare nuovamente, nel XVIII secolo e dopo alterne vicende, in possesso di un ramo collaterale dei Conti di Geraci.

Nonostante i vari passaggi di proprietà, durante il corso del XVI e del XVII secolo la vecchia fortezza di Rahal Iohannis conservò la sua funzione di struttura a difesa e a controllo di un ampio territorio feudale che comprendeva circa dieci feudi: è quanto si rileva da alcuni documenti del Cinque e del Seicento che attestano l’intensa attività svolta in quella struttura che veniva ancora denominata il castello (23).

L’originario aspetto di fortezza rupestre che fu del vecchio maniero ventimigliano è oggi notevolmente mutato, avendo perduto la maggior parte dei caratteri originari ed avendo assunto nel tempo l’aspetto di residenza agricola e di masseria rurale. Nonostante ciò l'antico castello conserva ancora inalterato il suo aspetto misterioso ed affascinante di struttura medievale composita e particolare, dove opera dell’uomo e natura si fondono in un tutt’uno riuscendo ad attirare su di sé tutto il fascino ed il mistero di cui è permeata l’intera storia madonita e siciliana.

 

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Note

 

21 - H. Bresc, L’habitat rupestre dans la Sicile médiévale, in G. Motta (a cura di), Studi dedicati a Carmelo Trasselli, Soveria Mannelli (CZ) 1983, p. 132. L’autore sottolinea come il castello rupestre di Regiovanni porti ancora il toponimo arabo di Rahal, volendo forse non escludere del tutto, per la fortezza, una possibile origine musulmana. Cfr. anche dello stesso autore Motta, Sala, Pietra: un incastellamento trecentesco in Sicilia, in Archeologia Medievale, II 1975, p. 432.

22 - Si segue qui la cronaca dei passaggi di proprietà riportata dal San Martino De Spucches in Storia dei feudi, cit. .

23 - Si cfr. gli atti notarili conservati presso l’Archivio Storico del Comune di Gangi nonché i Riveli delle Anime e dei Beni del Regno di Sicilia conservati presso l’Archivio di Stato di Palermo.

24 - Sul castello di Regiovanni si veda anche AA.VV., Castelli medievali di Sicilia, Guida agli itinerari castellani dell’isola, edito dal Centro Regionale per l’Inventario, la Catalogazione e la Documentazione dei Beni Culturali e Ambientali, Palermo 2001, scheda p. 353-354.