Breve guida alla processione dello Spirito Santo a Gangi con commento all’iconografia dei Santi spiegazione
di Salvatore Farinella©, testo inedito tratto da S. Farinella©, Il giorno dello Spirito Santo a Gangi. Culto, festa e processione fra storia e tradizione con una guida alla processione e all’iconografia dei Santi, in attesa di pubblicazione
Ancora oggi la processione nel giorno dedicato allo Spirito Santo, il lunedì di Pentecoste, è particolarmente imponente con la partecipazione, oltre a una marea di fedeli, di una quarantina di statue lignee provenienti dalle diverse chiese di Gangi: una devozione e una tradizione che si rinnova, anno dopo anno, da diversi secoli e che coinvolge numerosi fedeli e pellegrini verso la meta della chiesa santuario dedicata allo Spirito Santo.
Fin dal mattino o nel primissimo pomeriggio del lunedì, le chiese della cittadina sono in fermento: i simulacri dei Santi vengono tratti dalle loro nicchie e dagli altari per essere posti sulle vare, i piedistalli in legno che li sorreggono durante la processione. Mentre alcuni della Confraternita a cui fa capo il simulacro addobbano le vare con fiori, altri preparano gli arnesi che occorreranno per il corteo: i cusùsi (le lunghe aste per portare a spalla le vare e il simulacro), le stanghe che occorrono per poggiare le vare durante le soste, gli abitini della confraternita, i tamburi.
Il trasporto a spalla delle statue, che nella quasi totalità dei casi comporta una grande fatica, è funzione della presenza e della buona volontà di quanti per devozione si offrono di mettersi sùtta, ossia di sorreggerne il peso: a parte i fercoli più leggeri che possono essere trasportati dai bambini o dalle ragazze, per il trasporto della maggior parte delle statue occorrono da quattro a otto portatori, oltre a due o quattro aniddàri, addetti agli anelli che sporgono dai cusùsi con il compito di frenare l’andatura nelle discese e di spingere agevolando i portatori nelle salite. Un peso, quello dei fercoli, che proprio nelle discese e poi nelle salite (essendo pochissimi i tratti in piano) diventa particolarmente eccessivo e che impegna in maniera estenuante i portatori: per tale ragione occorrono frequenti cambi, per cui altri devoti si alternano nel trasporto.
Intorno alle 16,30 la lunga processione muove dalla chiesa madre, dove già si sono riunite le statue provenienti dalle chiese di Piedigrotta e di San Cataldo: in origine il corteo si avviava alle 12,00 in punto, un orario forse non troppo consono per la maggior parte della popolazione ma certamente più congeniale a quanti alla fine del corteo avrebbero dovuto recarsi nelle campagne (i contadini lasciavano infatti i muli già bardati) e a quanti avrebbero dovuto fare ritorno ai propri paesi di origine.
Riccamente infiorate e precedute dai tamburinàra e da uomini, ragazzi o bambini che con un secchiello raccolgono le offerte per questo o quell’altro Santo, le vare con i simulacri cominciano a sfilare ondeggiando lungo il corso principale verso la chiesa di San Paolo: subito iniziano le acclamazioni che, con un intreccio di devozione, fede e tradizione, alternano in una sana competizione i gruppi di portatori. Le grida corali, ora dell’una ora dell’altra Confraternita, si avvicendano: “E gridàmu tutti viva Maria Santissima, e lu Spìrdu Santu, e la Misiricòrdia di Dìa”, “E gridàmu tutti viva san Giusèppi, e lu Spìrdu Santu, e la Misiricòrdia di Dìa”, “E gridàmu tutti viva san Catà, e lu Spìrdu Santu, e la Misiricòrdia di Dìa”, e così per gli altri Santi e per tutto il tragitto, mentre ci si avvia verso il santuario con grande partecipazione di popolo, della banda musicale, delle autorità civili e quelle ecclesiastiche con la reliquia della Santa Croce.
Giunta nei pressi della chiesa di San Paolo la processione comincia la lunga discesa che alla fine del percorso condurrà alla chiesa dello Spirito Santo: qui si uniscono le vare provenienti dalle chiese di San Paolo, di San Giuseppe e della Catena. Poco più a valle è la volta delle altre statue provenienti dalla chiesa del SS. Salvatore e dalla chiesa della SS. Trinità e, continuando la discesa, dalla chiesa del Carmine e dalla chiesa di Santa Maria di Gesù a cui si aggiunge una statua dalla chiesa di San Biagio fuori le mura.
L’ordine delle statue nel corteo obbedisce a un preciso schema tradizionale che vuole le dodici Confraternite gangitane, a cui i simulacri fanno capo, procedere dalla più recente - che apre la processione - alla più antica che chiude il corteo stesso, anche se alcune date di fondazione delle congregazioni non sempre giustificano la posizione assunta la quale, comunque, appare oramai consolidata: nell’ordine, dunque, procedono la Confraternita di San Giuseppe, la Confraternita della Madonna del Divin Parto (chiesa della SS. Trinità), la Confraternita di Maria SS. del Carmelo, la Confraternita delle Anime Sante del Purgatorio (chiesa di Piedigrotta), la Confraternita della SS. Trinità (chiesa madre), la Confraternita del SS. Sacramento (chiesa madre), la Confraternita della Madonna del Rosario (chiesa madre), la Confraternita di Maria SS. Annunziata (chiesa di Santa Maria di Gesù), la Confraternita della Madonna della Catena, la Confraternita di Gesù, Maria e Giuseppe (chiesa di San Paolo), la Confraternita di Maria SS. degli Agonizzanti (chiesa di San Cataldo) e l’Arciconfraternita del SS. Salvatore che con la sua antichità chiude il corteo
In origine, giunti allo stradale, il percorso della processione proseguiva verso la ripida discesa chiamata chiacàto dello Spirito Santo: oggi invece il tragitto si svolge dalla parte opposta lungo l’ampio viale Don Bosco chiamato la Difìsa dove sono situati i banchi della fiera. Lentamente la lunga processione scende al santuario percorrendo il viale al ritmo delle acclamazioni: e mentre dopo circa due ore dalla partenza le prime statue hanno raggiunto il piazzale della chiesa e si odono i primi spari di mortaretti, le ultime sono ancora all’inizio del viale, a diverse centinaia di metri di distanza. Man mano che giungono al santuario, i primi fercoli iniziano la tradizionale cùrsa di’ Santi con i relativi "miracoli", mentre gli altri attendono pazientemente il proprio turno.
Dopo una breve pausa di preparazione sull’ingresso del piazzale, durante la quale i portatori e gli aniddàri si raccolgono in concentrazione e si scambiano gli ultimi consigli, fra due ali di folla curiosa inizia la corsa sfrenata verso la chiesa dello Spirito Santo: il corridoio creato nel piazzale viene percorso per tre volte (andata, ritorno e andata) al grido di “E gridàmu tutti viva [nome del Santo], e lu Spìrdu Santu, e la Misiricòrdia di Dìa”. Durante la corsa il fercolo viene portato sempre a spalla: giunto davanti alla porta del santuario, e poi davanti all’ingresso del piazzale, avviene l’inversione di marcia (sempre in corsa) con la rotazione su se stessi dei portatori. In questa faticosa e pericolosa operazione giocano un ruolo importante gli aniddàri: essi devono assicurare non solo la frenata davanti al portone e al cancello ma devono agevolare la rotazione dei portatori sorreggendo i cusùsi e la vara con la statua.
La corsa delle vare con le statue dei Santi si svolge in un misto di fede e devozione, di adrenalina e di vicendevole incoraggiamento. I “miracoli dei Santi” sono evidentemente riferiti al continuo e preoccupante ondeggiare delle statue durante la corsa: nel gergo gangitano “fare i miracoli” significa infatti barcollare. Finita la corsa, il fecolo viene sceso dalle spalle per essere portato a braccia fino all’altare della chiesa, un segno di omaggio e di adorazione del Santo nei confronti dello Spirito Santo: quindi si esce dalla chiesa e sempre di corsa si imbocca un corridoio laterale che, attraverso una larga scalinata, porta al cancello superiore del piazzale, mentre un altro fercolo ha già cominciato la propria corsa verso l’altare dello Spirito Santo e così via, uno alla volta.
In origine i fercoli, sempre a spalla nonostante la fatica dei portatori durante la processione e la corsa, imboccavano la ripida salita del chiacàto per fare ritorno alla propria chiesa: era una prova di coraggio, ma soprattutto di fede. Oggi i simulacri vengono ricondotti nelle proprie chiese caricati su camion che aspettano dietro al santuario: tranne il fercolo di san Cataldo che, unico fra gli altri, affronta ancora la salita a spalla come avveniva anticamente. La lunga e particolare processione che vede ogni anno una quarantina di statue portate a spalla, l’impegno di decine e decine di portatori e aniddàri e la partecipazione di una immensa folla devota e di un’altrettanta fiumana di curiosi e turisti, si chiude con l’ultimo fercolo della Trasfigurazione che, per la sua pesantezza, effettua la sua corsa con una andatura meno sostenuta: la benedizione con la reliquia della Santa Croce, fra gli spari di maschi e le note della banda musicale, sancisce la fine del lungo evento religioso.
Allo scopo di riconoscere i simulacri che procedono durante il percorso della processione, diamo di seguito l'ordine delle statue e la chiesa di provenienza e un breve commento sulla vita del Santo e sull'opera d'arte che lo rafigura.