Il culto dello Spirito Santo a Gangi
Una devozione plurisecolare che si rinnova (in ricordo di don Domenico Miserendino, rettore del Santuario)
di Salvatore Farinella©, pubblicato in L'Eco delle Madonie, 15/21 giugno 2001
Anche alla personale confidenza con don Domenico Miserendino, rettore del Santuario delle Spirito Santo di Gangi, devo l'opportunità di avere scritto e pubblicato la storia della chiesa: grazie alla sua disponibilità nell'utilizzo dell'archivio del Santuario mi è stato possibile chiarire molti fatti e svelare molti misteri. Al suo ricordo dedico dunque questa sintesi sulla devozione dei gangitani e di tanta altra gente verso il Paraclito, a testimonianza del suo più che trentennale impegno verso l'accrescimento di tale devozione.
Nel giorno successivo la Pentecoste, così come ogni anno da quasi quattro secoli, si rinnova a Gangi una sentita e profonda tradizione religiosa che affonda le proprie radici nella storia di questo borgo madonita. L'eco della devota memoria coinvolge come sempre un ambito territoriale molto vasto, oltre i limiti territoriali del borgo: le Madonie, ma anche parte dei Nebrodi e degli Erei, sono partecipi di questo evento e la gente, a piedi (anche scalzi) o in auto, raggiunge il Santuario provenendo dai centri abitati vicini (le Petralie, Geraci, Bompietro, Sperlinga, Nicosia, Leonforte) in segno di sentita e profonda devozione.
Il culto verso la Terza Persona della SS. Trinità qui a Gangi ha radici piuttosto remote e profonde. La dedicazione allo Spirito Santo di un'antica chiesetta dedicata a santa Caterina d'Alessandria avvenne storicamente nell'anno 1576, probabilmente in ringraziamento per la passata epidemia di peste che proprio in quegli anni aveva decimato gran parte della popolazione (1).
Una pia tradizione racconta però di un evento straordinario capitato nel 1625 (anch'esso anno di pestilenza e di altri singolari ed importanti prodigi) ad un sordomuto il quale, scavando un pozzo, rinvenne la meravigliosa immagine dello Spirito Santo (in effetti un Cristo benedicente, iconograficamente vicino al Pantocratore di Cefalù) riacquistando in quello stesso istante udito e parola.
Storia e tradizione si intrecciano dunque in questo luogo di fede e di preghiera, crocevia importante sul territorio, in un continuo crescendo che ha portato nel corso dei secoli ad una sempre maggiore partecipazione di popolo e ad un continuo e costante ornamento della chiesa.
Dalla seconda metà del Settecento la chiesa dello Spirito Santo venne posta sotto l'alto patronato dell'Università (l'Amministrazione civica) di Gangi: tale circostanza consentì ai Giurati (ossia gli amministratori locali) di provvedere direttamente ai bisogni e alle necessità della chiesa, ma anche all'organizzazione della festa in onore dello Spirito Santo che si svolgeva tradizionalmente l'indomani della Pentecoste.
Se all'Università era demandato il compito della caratterizzazione per così dire "folcloristica" della festa (all'Amministrazione erano rimessi ad esempio l'organizzazione e l'onere finanziario dei "giochi de foco" che, con grande enfasi, allietavano la popolazione), al clero locale competeva l'organizzazione religiosa dell'evento, soprattutto la celebrazione delle messe (nell'anno 1774 nell'arco dell'intera giornata ne furono celebrate ben 71) e l'organizzazione della imponente processione con l'ausilio delle varie Confraterniti.
Fede e devozione allo Spirito Santo di Gangi aumentarono in maniera particolare in occasione di eventi miracolosi attribuiti alla potenza del Paraclito: così, ad esempio, la protezione contro i violenti terremoti e le altre calamità che sconvolsero Gangi e le Madonie nel corso dei secoli. Dalla seconda metà del Settecento si ha infatti notizia del particolare ringraziamento tributato allo Spirito Santo "per averci liberato dal trimuoto", circostanza che fece istituire una apposita festività ancora oggi ricorrente; o ancora per la "suspetta peste" che nel 1772 terrorizzò la popolazione.
Fede e devozione allo Spirito Santo furono peraltro gli elementi che indussero il 30 aprile 1842 a chiedere al Papa Gregorio XVI la richiesta dell'indulgenza plenaria: "... grande si è la divozione, e non minore il culto, che si presta e professa allo Spirito Santo come speciale e Principal Patrono di esso luogo ...", si legge nella richiesta, e molti "... del comune istesso e di altri circonvicini luoghi ..." si portano a Gangi e grande è "… dei fedeli il concorso alla Chiesa ad esso Paracleto dedicata ..." (2).
Dal canto suo il Papa concesse "Plenariam Indulgentiam" nei giorni dell’Ascensione, della domenica in Albis, della prima domenica di settembre, della quarta domenica di quaresima, nonché nella domenica di Pentecoste e del lunedì seguente dedicato proprio allo Spirito Santo, e l’indulgenza parziale di sette anni da potersi acquisire in ogni giorno dell’anno: indulgenza plenaria ampliata nel febbraio 1895 da Papa Leone XIII da potersi acquisire nella "... Dominica Pentecostes et in festivitate B. Mariae Virg(ine) a Providentia ... item Dominica Secunda mensis Februarii ...".
A distanza di vari secoli la stessa fede e la stessa devozione rimangono immutati, anzi risultano oggi più che mai rinnovate ed accresciute. Ne è testimonianza l'imponente pro-cessione che il lunedì di Pentecoste si snoda lungo le vie del paese, ogni anno da quattro secoli, con grandissima partecipazione di fedeli e di "sacre immagini" portata a spalla dai volenterosi e devoti confrati.
Più di quaranta simulacri (statue in legno di pregiata fattura, gran parte delle quali uscite dalle geniali mani dello scultore gangitano Filippo Quattrocchi) solcano le strade accompagnate da una folla immensa, principiando dalla chiesa madre, sù, quasi in cima al paese, secondo l'antico itinerario che conduce al Santuario posto ai piedi del monte: la vecchia strada detta della "Difisa", a tratti acciottolata e basolata e ripristinata dai Giurati di Gangi nel corso del Settecento, oggi coincide con il moderno e largo viale Don Bosco.
Oggi come allora le numerose statue sono portate al grido di "E gridàmu tutti viva San ……, e lu Spirdu Santu, e la Misericordia di Dia", che caratterizza ancor più l'anima devota del corteo: e un rigido protocollo assegna il posto di ogni statua, secondo un ordine che vede la confraternita più giovane (oggi la Confraternita di San Giuseppe) aprire la processione e la più antica, quella del SS. Salvatore, chiudere il lungo corteo.
Oltre quaranta statue di Santi procedono con passo lento. Santi che trovano un posto particolare nella devozione locale: san Cataldo (considerato il patrono di Gangi), san Nicolò (titolare della chiesa madre), san Giuseppe e la Madonna della Catena, le cui statue fino al santuario dello Spirito Santo procedono accostate quasi a voler ricomporre la Sacra Famiglia (ma questa è probabilmente una singolarità piuttosto recente). E poi ancora l'Annunziata, sant'Eligio, sant'Antonio da Padova, san Francesco di Paola e d'Assisi e Santi meno frequentemente venerati, come san Domenico, san Vincenzo Ferrer, il piccolo san Luigi Gonzaga, sant'Espedito, santa Venera ed altri ancora.
Tutte le statue però, appena giunte al santuario, vengono sottoposte all'antico rito dei "miracoli", ossia alla sfrenata corsa - 'a cùrsa di' Sànti - dalla porta del sagrato a quella della chiesa e viceversa per due o tre volte, in segno di devota e partecipata reverenza allo Spirito Santo protettore e patrono di Gangi, fra gli spari dei "maschi": e il traballare delle vare con le statue, in quei momenti frenetici della corsa, ha impresso a questa pratica di devozionale tradizione l'epiteto di "miracoli dei Santi".
Finita la festa il ritorno delle statue alle varie chiese era ancora più faticoso, dovendosi ricondurre a spalla i fercoli lungo l'erta del "chiacàto" (la strada a serpentina che dal Santuario conduce al borgo), non prima di avere concesso un "rinfresco alli fratelli che portarono le imagini": questa pia tradizione è stata oggi sostituita dai nuovi mezzi (piccoli autocarri) che alleviano le già tante fatiche, anche se qualche gruppi di volenterosi (i confrati di San Cataldo) amano ancora sfidare a piedi, e con il santo in spalla, la ripida salita.
Un tempo la festa si concludeva fra "logge di turrunari", "giochi de foco" e "sonaturi": oggi a queste tradizionali attività si aggiunge anche il paese dei balocchi, con le sue giostre illuminate, le luci intermittenti e la musica rimbombante che ipnotizzano decine di giovani e ragazzini.
Ma una cosa è rimasta immutata nel corso di questi secoli: la devozione profonda allo Spirito Santo, alimentata dalla continua e radicata fede della gente e dall'opera instancabile che negli ultimi trentacinque anni, pur fra contraddizioni e incostanze, ha visto protagonista il compianto Rettore don Domenico Miserendino, al quale và il nostro sincero ricordo.
Note
1 S. Farinella, La chiesa dello Spirito Santo in Gangi. Fabbricazione, trasformazioni e fatti d'arte dal 1576 attraverso i documenti inediti, Assoro 1999.
2 Ibidem.