I Bonanno di Gangi, scalpellini e lapidici tra ‘500 e ‘600. Note storiche inedite sull’attività della famiglia Bonanno - Parte prima
di Salvatore Farinella©, testo pubblicato in Le Madonie n. 10 e n. 11, 1998
E’ probabile che il cantiere della chiesa di Santa Caterina impegnasse in realtà più artigiani che non il solo Gaspare se qualche mese più tardi, il 22 luglio dello stesso anno, nei confronti dei procuratori della chiesa di Santa Caterina veniva rilasciata una ricevuta di pagamento da parte dei mastri Andrea Bonanno e Cesare de Homina (6). Questo documento, apparentemente comune, ci consente invece di trarre alcune considerazioni: intanto quella che in effetti i Bonanno avevano una propria bottega che veniva condotta in maniera familiare: non si spiegherebbe altrimenti infatti il rilascio della ricevuta da parte di Andrea Bonanno per un lavoro assunto da Gaspare. In secondo luogo che gli stessi Bonanno avevano al loro servizio dei propri apprendisti, come quel "tiberius spallino famulus ditti de bonanno" citato dal documento. Infine che il cantiere per la ricostruzione della chiesa di Santa Caterina extra menia terre preditte, che in quella occasione (forse per la cessata pestilenza che affliggeva il paese) "noviter ampliarunt sub devotione Spi(rit)us Sancti", in effetti impegnava più maestranze e artigiani, sia locali che - come vedremo in altra sede - di altri centri vicini; la circostanza è qui attestata dalla presenza di mastro Cesare de Homina, altro artigiano noto nell’ambiente gangitano. La somma di 14 onze 6 tarì e 8 grana citata dal documento per la frabica lapidum della chiesa venne ripartita in onze 8 e 6 tarì per maestro Cesare de Homina e onze 6 e grana 8 per maestro Andrea Bonanno.
Qualche anno dopo lo stesso Andrea Bonanno si trova ancora impegnato nei lavori della chiesa dello Spirito Santo di Gangi (già dedicata a santa Caterina), anche se non disprezza incarichi al di fuori del proprio paese d’origine. E’ infatti il 2 settembre 1580 quando il "magister Andreas Bonanno fraber scarpellinus de terra Gangij" si impegna con l’arciprete di allora e con il procuratore della chiesa dello Spirito Santo a "lavurare et adaptare eis seu ditte ecc(les)ie des cantonem seu pecia porte minoris ditte ecc(les)ie juxta formam designi" le cui dimensioni dovevano essere di 10 palmi in altezza e 6 in larghezza per un prezzo di 15 onze (7). Fra le condizioni da osservarsi, oltre alla rateizzazione del pagamento, vi era quella che il Bonanno dovesse eseguire l’opera osservando pedissequamente un disegno: possiamo ritenere, anche se di ciò non abbiamo l’assoluta certezza, che il disegno a cui l’atto si riferisce sia lo stesso di quello ritrovato in una carpetta senza data e che proponiamo nella foto a fianco (8).
Sul retro del foglio (molto consumato) si parla di un portale e di un certo mastro Andria (Bonanno ?) oltre di un mastro Ioseppi aczaro. Da una analisi stilistica abbiamo avuto modo di notare una straordinaria somiglianza fra il disegno in questione (si tratta della metà di un portale arcuato con lesene e trabeazione lavorate) e il portale principale attualmente esistente nella facciata della chiesa dello Spirito Santo in Gangi, anche se in alcuni elementi quest’ultimo risulta leggermente diverso dal primo (il portale attualmente esistente presenta un’architrave retta ed un solo ordine di lesene). A rendere però assolutamente certa l’assegnazione dell’attuale portale della chiesa al Bonanno è un’iscrizione posta nella parte interna del basamento sinistro, che recita: ME FECIT ANDREA BONANNO. Questo particolare, unitamente alla forte somiglianza nelle lesene, nella trabeazione e nei basamenti, ci induce a ritenere che il disegno ritrovato possa essere in effetti proprio quello a cui fa riferimento il contratto citato relativo alla realizzazione, da parte del Bonanno, di uno dei portali minori (oggi non più esistenti a causa delle successive trasformazioni) della chiesa dedicata allo Spirito Santo. Analoga somiglianza con il disegno in questione abbiamo anche notato con il portale attualmente esistente nella chiesa del Carmine, anch’essa in Gangi, dove elementi stilistici delle lesene e della trabeazione fanno pensare ad una attribuzione, anche in questo caso, alla mano di Andrea Bonanno.
L’attività di maestro Andrea non sembra essersi fermata a Gangi. Qualche mese dopo quest’ultimo incarico infatti, il 20 gennaio 1581, troviamo il Bonanno insieme al concittadino Andrea Chitati impegnato in un contratto con il procuratore della chiesa di San Nicolò a Tusa per la costruzione della torre campanaria di quell’edificio religioso, per un compenso di 64 onze (9). Ciò, oltre a testimoniare l’indubbia capacità artistica del Bonanno, attesta la nomea dello scalpellino gangitano in un più vasto ambito rispetto a quello ristretto del suo paese d’origine.
Figura senza dubbio emergente rispetto all’altro componente la famiglia, lo ritroviamo vent’anni dopo (intorno al 1601), insieme allo scalpellino Calogero Pipi di Petralia Soprana, a "facere et qonstruere tria arca lapidis di intagla ... ut dicitur di servictio toscano" per la chiesa di Santa Maria di Gesù a Gangi, "pro precio et mercede" di 48 onze (10). Con questo documento viene dunque ulteriormente confermato il consolidamento dell’attività artistica di Andrea Bonanno anche sotto forma di sodalizio con altri noti “artisti-artigiani” madoniti.
A conclusione di queste note sui Bonanno, lapicidi e scalpellini di Gangi fra ‘500 ed ‘600, rileviamo come siano ancora vaste le lacune e le zone d’ombra su questa ed altre genìe di artisti-artigiani cosiddetti “minori” che, con la loro produzione, hanno dato tanto alla storia e all’arte siciliana e dei nostri centri. Rimane da augurarsi che la ricca e quasi del tutto inesplorata documentazione archivistica, in future ricerche, oltre a consuete delusioni ci riservi inaspettati quanto piacevoli sorprese, al fine di contribuire alla conoscenza ma ancor più alla valorizzazione del nostro, in parte, nebuloso passato.
Note
7 - ASCG, notaio Egidio di Salvo, vol. I -F 2, c. 12 r/v.
8 - Ivi, notaio Egidio di Salvo (?), volume senza segnatura e datato 1580/90, c. 98 r/v. Il foglio sciolto potrebbe appartenere ad uno dei volumi del notaio di Salvo.
9 - A. Pettineo, Itinerari Livolsiani, in AA.VV., I Li Volsi. Cronache d’arte nella Sicilia tra ‘500 e ‘600, Palermo 1997, p. 10 e nota 21 a p. 25. Il documento è tratto dall’Archivio di Stato di Messina, notaio G. V. Pellegrino, vol. 216, c. 266. Rileviamo che mentre dagli atti d’archivio rinvenuti a Gangi Andrea Bonanno è qualificato mastro scalpellino, in questa occasione lo stesso Bonanno è appellato semplicemente come “muratore”.
10 - ASCG, notaio Egidio di Salvo, vol. I - F 4, f. 69. Il documento è citato in G. Mendola, Uno Zoppo a Palermo, cit.