Engyon-Gangi: una "imprudenza" storiografica

di Salvatore Farinella©, testo inedito (novembre 2014)

Monte Alburchia (foto S. Farinella© )
Monte Alburchia (foto S. Farinella© )

A seguito del rinvenimento di reperti nella zona archeologica di monte Alburchia, le argomentazioni del Nasello risultano più articolate rispetto a quelle dell’Alaimo e in gran parte contraddittorie: l’autore ha infatti più volte cambiato opinione sul sito di Engyon, ora localizzandolo a Gangi Vecchio, ora a monte Alburchia, ora in entrambe le località contemporaneamente.

 

In sintesi le “certezze” del Nasello sono le seguenti:

 

 a. un prima localizzazione a Gangi Vecchio con la “città bassa” nel luogo dov’è l’abbazia e la “cittadella” nell’altipiano (la balza che sovrasta il monastero): si rileva che nessun materiale archeologico (se si prescinde da alcune strutture murarie appartenenti forse a una torre di età bizantina) è stato mai rinvenuto sulla balza. Peraltro non possiamo non notare la confusione dell’autore riguardo agli avvenimenti storici generali, quando sostiene la venuta dei Cretesi in Sicilia nell’VIII secolo a.C., venuta che le fonti (avvalorate dalla ricerca archeologica) attestano invece nel secondo millennio a.C.;

 

b. nell’esprimere il parere che “Engio fosse sito nella contrada Gangivecchio”, l’autore si rifà a inesistenti “ricerche archeologiche positive”, dato che le prime indagini scientifiche risalgono a trentacinque anni dopo il suo scritto (1974): inoltre, come gli altri, si affida alla congettura del Cluverio che - travisando - divulga come certezza, aggiungendo anche del suo nel testo del geografo inserendo arbitrariamente la parola “Veteris” (vecchio) dopo Gangii;

 

c. dopo il rinvenimento di reperti a monte Alburchia le opinioni del Nasello mutano, giungendo a conclusioni a dir poco sconcertanti:

 - alla luce dei rinvenimenti l’autore colloca Engyon a monte Alburchia, ammettendo che “a Gangivecchio non s’è rinvenuto alcunché del Tempio [delle Meteres]”;

 - ammette in subordine che a monte Alburchia possa essere esistita una “colonia di Enguini”, ossia “una borgata di Engio” mentre il grosso del centro sarebbe sorto a Gangi Vecchio: se così fosse stato le fonti ne avrebbero parlato diffusamente, tanto che allo stesso autore la tesi appare “un po’ artificiosa”;

 - ritiene ancora il Nasello che a monte Alburchia vi fosse la sede del tempio delle Meteres, grazie alle “prove tangibili nelle colonne, nel capitello, nel fregio”, sostenendo tuttavia - dato l’esiguo diametro delle colonne qui rinvenute - che le fonti non fanno menzione di “un tempio relativamente grandioso”: una errata convinzione che discende dalla superficiale lettura dell’unico autore da cui possono trarsi notizie sulle caratteristiche del tempio, ossia Diodoro Siculo che scrive anzi testualmente come il tempio delle dee Madri (il secondo, per la precisione) fosse “un tempio di grandezza straordinaria, non solo, ma ammirato anche per la sontuosità della costruzione”, il diametro delle cui colonne va ben al di là rispetto a quello rinvenuto a monte Alburchia;

 - infine una terza maldestra affermazione spacciata per verità storica, e che ha dell’inverosimile, vedrebbe Engyon sorta a monte Alburchia, distrutta da un terremoto nel IV secolo d.C. e riedificata dai superstiti a Gangi Vecchio: se è verosimile che il centro abitato esistente su monte Alburchia (tuttora ignoto) venne danneggiato e quasi distrutto nel corso di un evento sismico (per l’argomento si rimanda a S. Farinella, L’inesplorato monte Alburchia. Dal centro indigeno ellenizzato all’abitato ellenistico e romano: Engyon o Herbita?, in corso di pubblicazione), assolutamente infondata è l’ipotesi del trasferimento e della riedificazione a Gangi Vecchio nel IV secolo d.C., sia perché le indagini archeologiche hanno rivelato una frequentazione del sito già dal I secolo a.C. (dunque quattro secoli prima del supposto trasferimento) sia perché qui non è stato rinvenuto alcun elemento riconducibile alla presenza di una cittadina così importante. Una tesi che l’autore ripropone comunque, “anche perché ben poco è stato rinvenuto a Gangivecchio di materiale archeologico”;

 

Gangi Vecchio (foto S. Farinella©)
Gangi Vecchio (foto S. Farinella©)

d. la contraddizione dell’autore si manifesta in un altro passo dei suoi scritti, laddove - dopo aver optato per l’ipotesi della riedificazione di Engyon a Gangi Vecchio avvenuta dopo la distruzione della prima Engyon su monte Alburchia (circostanza taciuta da tutti gli storici che hanno scritto dell’antica città) - propone di identificare la Engyon fondata dai Cretesi (la prima, dunque) a Gangi Vecchio dalla presenza della sorgente “da cui prese nome la città di Engio” che secondo l’autore “può identificarsi in quella che scaturisce a monte di Gangivecchio, dalla cosiddetta “Val di donna Puma”, poi convogliata nel monastero”: a parte il fatto che non si sa come si possa identificare una sorgente di acqua dopo tremila anni (tanti ne sono passati, anno più anno meno, dalla fondazione di Engyon così come ci dicono le fonti), è utile rilevare come la cosiddetta Val di Donna Puma (il cui termine “donna” deriva dall’arabo ayn che significa sorgente) pende in direzione opposta rispetto al monastero di Gangi Vecchio dove, secondo l’autore, sarebbe stata convogliata l’acqua. E poi le fonti antiche scrivono che la sorgente era “dentro” la città di Engyon che, dunque, non potrebbe essere localizzata nei pressi del monastero;

 

e. un’ultima inattendibile indicazione data dall’autore riguarda la presunta popolazione di 5000 abitanti indicata a Engyon in un ‘epoca imprecisata, dato che nessuno storico dell’antichità ha mai indicato e che nessun elemento oggettivo può confermare.

 

5 - Mario Siragusa

 

- Cenni storici su Gangi. Origini e importanza di Gangi nella Storia della Sicilia e del Mediterraneo, Gangi agosto 2012

 

 

«La tesi prevalente vuole che le origini di Gangi vadano ricercate nella “mitica” città di Engyon. Engyon fondata dai Cretesi (o come sostiene la Pugliese Caratelli possibile meta finale di una migrazione minoicomicenea in età preistorica). Antica città sede di un tempio dedicato alle dee Madri, un culto di origine cretese secondo gli storici dell'antichità, e sede del santuario di Cibele forse localizzabile nei pressi di Gangivecchio (località indicata come “Donna delli Pomi” nel Seicento)».

 

A parte che Pugliesi Carratelli era uno storico dell'antichità di nome Giovanni e, dunque, non può essere "la Pugliesi Caratelli", rileviamo che anche in questo caso l’autore non porta nulla di nuovo, limitandosi a riportare pedissequamente quanto scritto dal Nasello senza alcuna verifica o ragionamento critico: per inciso la presenza di un tempio dedicato alla dea Cibele esistente a Engyon (e non a Gangi Vecchio) accanto a quello delle dee Madri è stata messa in luce per la prima volta dallo scrivente in S. Farinella, Engyon. Dal Mito alla Storia, Assoro 2010, pubblicato anche in questo sito.

 

Per correttezza di informazione occorre anche ricordare, in ultimo, la lunga tradizione del notariato gangitano: fin dalla seconda metà del Cinquecento infatti, prima ancora cioè che il Cluverio formulasse la sua congettura, negli atti dei notai di Gangi spunta la locuzione Sancte Marie de Engio veteris (riferita al monastero di Gangi Vecchio) [1] e gli stessi notai si dichiarano Engiensis Collegiati [2].

 

Tuttavia rilevo come i notai gangitani potessero avere cognizione della dualità Engyon-Gangi già alla fine del Cinquecento (dato che il Cluverio scrive nel 1619), poiché il primo ad avanzare questa ipotesi pare essere stato Claudio Mario Arezio nel 1537, nel suo Chorographia sive De situ insulae Siciliae libellus: «... Engium pervetus, et exiguum oppidum, nostra tempestate Gangi, inter mediterranea Ptolemaeus numerati … Porrò oppidum à Federico Rege anno Christiane salutis ducentesimo nonagesimonono supra mille dirutum, quarto cursus [?] post anno ab eodem restitutum in ipsius oppidi annalibus inveni ...». Per cui anche l’indicazione documentale, in questo caso, non può ritenersi originale.

 

In conclusione, seppure non si possa escludere a priori una possibile localizzazione di Engyon nel territorio di Gangi, la storiografia tradizionale siciliana e soprattutto gli autori locali sono incorsi (e continuano a incorrere) in una grave “imprudenza” storiografica, poiché con estrema leggerezza hanno riproposto (e continuano tuttora a riproporre) una mera e dichiarata congettura - quella Cluverio - spacciandola per verità storica senza alcun dato e appiglio scientifico.

Una questione, quella della ubicazione di Engyon, che ad oggi non trova purtroppo ancora una sua definitiva e corretta soluzione.


[1] Archivio Storico del Comune di Gangi (ASCG), Fondo notai defunti, atto di soggiogazione del 17 settembre 1598, notaio Egidio di Salvo, spezzone notarile, c. 45-47.

[2] ASCG, Fondo notai defunti, intitulatio del notaio Egidio di Salvo in data 1 settembre 1598, notaio Egidio di Salvo, spezzone notarile, c. 38. L’intitulatio è la seguente: «Hoc est registrum meum not(arius) egidij de salvo engiensis collegiati et descriptu(m) in matricula no (tariorum ?) continens ( ?) in se des ( ?) e singulas q(ontra)tta vel distrattus vel .... rogatis scriptis et confe.... divina favente dementia rege hispan ... utriusque sicilie .....».