La torre "dei Ventimiglia"
di Salvatore Farinella©, tratto da I Ventimiglia. Castelli e dimore di Sicilia, edizioni Editori del Sole, Caltanissetta 2007, p. 197-211
Il testo che segue ripropone le vicende e la descrizione della torre "dei Ventimiglia" ampliando e approfondendo il testo originario pubblicato sulla rivista Paleokastro
La torre detta "dei Ventimiglia" è oggi addossata alla chiesa madre della quale funge da campanile (1): un tempo essa era isolata dalla chiesa di San Nicolò, come mostrano le modanatura ancora esistenti nella facciata orientale dove si aprivano le finestre. L’assenza di documentazione ci porta tuttavia a datare il manufatto solamente sulla base di raffronti stilistici, riconducendone comunque l’edificazione al periodo in cui Gangi era sotto la signoria dei Conti di Geraci.
Di tale avviso fu lo Spatrisano che datò le finestre a bifora del primo piano al XIV secolo (signoria di Francesco II Ventimiglia) mentre per il secondo piano propose una datazione al XV secolo (sotto la signoria di Giovanni I Ventimiglia) (2): verosimilmente la parte basamentale potrebbe essere cronologicamente ricondotta a un periodo a cavallo fra il Duecento e il Trecento.
Più tarda è invece la datazione proposta dal Bellafiore: collegandola stilisticamente ai palazzi-torre della Badiazza e del Duca di Santo Stefano di Taormina, lo studioso ne colloca la costruzione agli inizi del Quattrocento, assegnando alla torre di Gangi la funzione residenziale propria delle torri palazziali (3). L’assoluta mancanza di vani di servizio e la presenza di un solo ambiente - peraltro dimensionalmente limitato - per ogni piano della torre, come pure la circostanza che vedeva la residenza del feudatario posta nel castello edificato poco più a monte, portano tuttavia a escludere una funzione abitativa per la torre di Gangi.
Sembra invece verosimile che la parte basamentale del torrione abbia potuto assolvere a una funzione di porta urbica della cittadina fortificata quando l’abitato non arrivava oltre l'attuale piazza: la presenza in sito di alcuni elementi strutturali (un arco ogivale rinvenuto nei pressi della torre nel muro a sostegno della via medievale oggi denominata Corso Umberto, o la grande volta anch'essa ogivale presente proprio sotto il piano del belvedere, in asse con il fornice meridionale della torre stessa), ma soprattutto i segni di strutture murarie demolite e mal ricucite evidenti nel fornice occidentale del torrione, porterebbero infatti ad avanzare una ipotesi in questa direzione (4).
Se la parte basamentale poteva costituire in origine uno degli accessi alla cittadina medievale, è possibile invece pensare che la torre detta “dei Ventimiglia” svolgesse una funzione di rappresentanza e che servisse a ospitare, nelle sue sale, pubbliche funzioni o riunioni degli organi di governo della cittadina: appare quindi più appropriata una funzione pubblica di torre civica o tocco (5), sebbene alcuni ne indichino tuttavia una funzione comunque connessa al vicino edificio religioso.
I quattro fornici passanti del piano terra offrivano una continuità agli spazi della piazza destinati anche a mercato e si configuravano quale luogo di incontro e di sosta, aprendosi a belvedere verso la vallata. Lo stesso piano terreno della torre continuava ancora con il porticato coperto che si sviluppava lungo il fianco meridionale della chiesa (che in quel periodo si componeva di una sola navata) e della quale costituiva il portico laterale - la cosiddetta pinnata - (6). Tuttavia già dal 1575 (ma presumibilmente anche da prima) la struttura era considerata quale torre campanaria dell’edificio religioso, nonostante in quel momento la struttura risultasse ancora isolata dalla chiesa (7): i successivi ampliamenti della chiesa madre - avvenuti fra il XVI ed il XVII secolo - determinarono l’inglobamento della torre all’edificio religioso e l’accentuarsi della funzione campanaria con la collocazione delle campane e di un orologio meccanico segnatempo di cui si ha notizia in alcuni documenti dell’epoca. La scomparsa del portico laterale può farsi risalire invece al definitivo assetto dato alla chiesa nella seconda metà del Settecento.
La torre "dei Ventimiglia" si sviluppa su quattro elevazioni con una pianta quadrangolare di circa dieci metri per otto, orientata secondo i quattro punti cardinali: al piano terra quattro grossi pilastri sorreggono altrettanti archi a sesto acuto sottolineati da cornici che seguono le ogive ed una volta a crociera costolonata con chiave pendula. Il primo piano della torre (al quale attualmente si accede tramite una scaletta dall’interno della chiesa) presenta un unico ambiente, coperto dopo il restauro con un soffitto piano in ferro e legno: in origine avrebbe potuto essere coperto da una volta a crociera. L’ambiente è illuminato da sei grandi finestre ognuna delle quali è dotata di sedili in pietra ricavati nello spessore della muratura: a coppie, esse si aprono su tre dei muri perimetrali della torre. Un’apertura arcuata, occlusa con muratura in epoca successiva, denuncia l'originario accesso alla torre che doveva avvenire tramite una scala in pietra addossata al fianco esterno del manufatto.
Delle finestre che illuminano l’ambiente del primo livello solamente quattro presentano eleganti bifore ad archetti trilobati con colonnine e capitelli intagliati, mentre quelle della parete meridionale sono prive di elementi architettonici e sono state chiuse in epoche precedenti; delle prime poi, solamente quella sulla facciata nord in prossimità della chiesa mostra ancora gli elementi stilistici e decorativi originari, mentre le altre sono state ricostruite in occasione di diversi intervento di restauro.
Note
1 - Sulla torre di Gangi si veda un primo scritto in S. Farinella, La torre dei Ventimiglia a Gangi, in
Paleokastro n. 5/2001, p. 51-54. Si cfr. pure, per il particolare interesse soprattuttodal punto di vista dello studio strutturale, S. Dandria, F. Randazzo, Dalla conoscenza dell’edificio al
progetto di restauro: la torre dei Ventimiglia a Gangi (PA), tesi di laurea, relatore prof. M. Piana, Istituto Universitario di Architettura di Venezia, a.a. 2001-2002. Si rimanda in ultimo
anche a P. Mattina, M. Rotolo, La torre Ventimiglia della città di Gangi. Progetto e restauro, Napoli 2007.
2 - G. Spatrisano, Lo Steri di Palermo e l’architettura siciliana del Trecento, Palermo 1972. Riguardo alla datazione delle finestre del primo piano della torre l’autore si riferisce a E. Maganuco, Problemi di datazione, Catania 1942, p. 17-25.
3 - G. Bellafiore, Architettura in Sicilia (1415-1535), Palermo 1984, p. 82. Mentre il Maganuco assegna alle finestre a bifora del palazzo del duca di S. Stefano la datazione di quelle della torre di Gangi (stilisticamente analoghe), il Bellafiore sembra procedere nel senso inverso proponendo un accostamento formale e una datazione per la torre di Gangi partendo dai palazzi-torre taorminesi. Interessante è la datazione del palazzo del Duca di S. Stefano di Taormina proposta dal Di Stefano: pur contestando la datazione al XII secolo offerta da alcuni studiosi e la datazione al XIV e XV secolo proposta da altri autori, lo studioso riconosce nelle bifore del palazzo un “presupposto di gusto gotico” e, pur non negando tuttavia legami con la tradizione arabo-normanna, in un'ipotesi provvisoria ne data l’impianto alla prima metà del XIII secolo, ossia in periodo pienamente svevo; cfr. G. Di Stefano, Monumenti della Sicilia normanna, seconda edizione aggiornata ed ampliata a cura di W. Kronig, Palermo, p. 130-131.
4 - I fori si evidenziavano particolarmente, prima del recente restauro, all’esterno della fascia mediana del fornice, dove probabilmente doveva trovarsi il battente: qui si notava infatti la mancanza di alcuni elementi litici costituenti la muratura e la traccia di successive ricuciture, indizi che davano la sensazione di un elemento strutturale asportato in epoca successiva. [Per il restauro della torre, curato dalla Provincia Regionale di Palermo, si rimanda al volume di P. Mattina e M. Rotolo citato sopra].
5 - Cfr. G. Spatrisano, Lo Steri, cit. .
6 - Significativa a tal proposito è la presenza di numerosi documenti (soprattutto del XVI secolo) che riportano la denominazione del quartiere chiamato Pinnata, appunto tettoia o portico coperto, individuabile nei pressi della chiesa madre di Gangi. Sotto la pinnata solevano svolgersi le riunioni pubbliche di notevole importanza, convocate al suono della campana.
7 - Archivio Storico del Comune di Gangi (ASCG), Fondo notai defunti, notaio E. di Salvo, atto del 5 dicembre 1575, c. 163v-164. Nel contratto di vendita l’onorabile Joseph Yintilj dichiara che la sua casa è posta "in strata suptus pinnaculum Reverende maioris ecclesie".