Engyon-Gangi: una "imprudenza" storiografica

di Salvatore Farinella©, testo inedito (novembre 2014)

Gangi Vecchio e la balza sovrastante (foto S. Farinella©)
Gangi Vecchio e la balza sovrastante (foto S. Farinella©)

3 - Francesco Alaimo

 

- La Vigna. Puema sicilianu in ottava rima, Palermo1931, p. 91

 

«… Almenu almenu ch’un sarianu stati / li Gangi antichi dui e tri ccu’ chistu, / Gangi lu Vecchiu ‘nta l’antichi dati, / rimunta ad Engiu prima assai di Cristu. / Sunnu accussì tri nomi ‘ncatinati / ma dui paisi in tuttu com’hai vistu; / Unn’era Gangi Vecchiu, ed Engiu cc’era …»


- La Chiesa di Gangi nell’era pagana e cristiana, Palermo 1959, p.7-8

 

«Le notizie originarie dell’antica basilica di Engio non risalgono a quelle del paese, la cui fondazione in seguito alle risultanze archeologiche della zona, ove sorse [contrada Gangi Vecchio], rimonta ai Siculi [ …] l’eredutissimo Cluverio, il quale dopo un [sic] esauriente disquisizione finisce di ritenere come cosa certa trovarsi Engio fondata proprio in quel sito dove oggi si ammirano gli avanzi dell’antica abbazia benedettina e le alture circostanti».


Se nel primo scritto (un poema dialettale) Francesco Alaimo ripropose senza alcun nuovo sostegno l’ipotesi del Cluverio di localizzare Engyon a Gangi Vecchio, nella seconda pubblicazione l’autore si lasciò andare a due improvvide considerazioni, a dir poco opinabili. La prima riguarda non meglio precisate “risultanze archeologiche della zona” le quali, se si considera che le prime indagini scientifiche risalgono a venticinque anni dopo lo scritto dell’Alaimo (1974), appaiono del tutto inventate (e mutuate dal testo del Nasello che scrive dieci anni prima dello stesso Alaimo): la citazione appare peraltro lampante in tutta la sua strabiliante invenzione nel momento in cui le predette risultanze vengono fatte risalire addirittura “ai Siculi”, quando le indagini archeologiche (come si è visto) non si spingono oltre al I secolo a.C.

Nella seconda considerazione l’Alaimo si rifà al Cluverio, spacciando per “cosa certa” la congettura della localizzazione di Engyon nel sito di Gangi Vecchio fatta dal geografo tedesco.

 

4 - Santo Nasello

 

- Engio e Gangi. Nella storia nella leggenda e nell’arte, Palermo 1949, p. 19, 22

 

«Ecco, l’altipiano su cui sorgeva la cittadella di Engio, ed a valle un grandioso edifizio a quattro ali con chiostro: il Monastero di S. Maria, edificato sulle rovine della città bassa nel secolo XIV … Risalendo alle origini della città, essa rimonta al 1200 a. Cr. … Una seconda ipotesi è che Engio, anziché dai Cretesi i quali vennero in Sicilia nell’ottavo secolo av. Cr. [sic] quando la città esisteva da tempo, fosse stata fondata dai Siculi»

 

«Comunque noi siamo del parere, concorde di quasi tutti gli storici, che Engio fosse sito nella contrada Gangivecchio presso Gangi, il che è suffragato dalle ricerche archeologiche positive. Il nome stesso di Gangi deriva da Engio; unanime è la tradizione […] Ne fa fede infine il Monastero Benedettino di Gangi Vecchio, edificato sulle rovine di Engio, secondo l’affermazione del Cluverio: “Engyum fuisse eo sito, quo supra dictum Divi Benedicti coenobium conspicitur, inter ruinas Gangii Veteris».

 

Monte Alburchia (foto S. Farinella©)
Monte Alburchia (foto S. Farinella©)

 

- L’inesplorato Monte Albura o Albuchia, Castelbuono 1951, p. 40-41, 42-43, 46

 

«… E’ stata opinione quasi concorde che Engio fosse sita in quel di Gangivecchio, basandosi la gran parte degli storici su Cluverio, che pone Engio «alle prime radici del M. Marone, dove questo si unisce con le vette Eree». Sconoscendosi il centro archeologico di Albura, tenendo presente che sia la collina di Gangivecchio nel nostro territorio, sia il M. Albura si trovano alle prime radici del Marone, si comprende facilmente come fosse stata indicata la prima località appunto perché il Cluverio stesso precisa che «inter ruinas Gangii Veteris» fu edificato un monastero benedettino, che tuttora esiste, come proprietà privata, in contrada Gangivecchio … or se Gangivecchio ed Albuchia sono ambedue alle radici del Marone, è solo il Monte Albuchia al punto di confluenza con gli Erei. …»

 

«… Potremmo anche ammettere che Engio effettivamente non fosse nel sito di Gangivecchio ed alla luce dei rinvenimenti di Albura lo collochiamo in questo nuovo sito; in questo caso continueremmo ad ammettere che, una volta distrutta Engio nel 1299, gli abitanti, in parte fossero andati a stabilirsi in quel di Gangivecchio … Ossia dovremmo ammettere che Engio fosse stata edificata a Gangivecchio, ma che ad Albura si fosse stabilita una colonia di Enguini, cioè fosse sorta una borgata di Engio. … Sta di fatto che mentre a Gangivecchio non s’è rinvenuto alcunché del Tempio [delle Meteres], qui ad Albuchia abbiamo le prove tangibili nelle colonne, nel capitello, nel fregio. Va inoltre considerato che gli storici antichi non fanno menzione di altro tempio in questi paesaggi all’infuori di quello di Engio, né un tempio relativamente grandioso, come si può desumere dal numero e dal diametro delle colonne, sarebbe rimasto inosservato o sarebbe passato sotto silenzio.

Or se la tesi ultima, città più sobborgo, ci sembra un po’ artificiosa, la prima per noi è quella veramente attendibile e logica, perché ci da spiegazione della denominazione della contrada “Gangivecchio” in quanto ivi esistette veramente un centro abitato, sorto però dopo la distruzione della città di Engio, sita sul monte Albura, proprio per accogliere i profughi, e per opera degli stessi engini. Il che avvenne o nel 1299, data storica della scomparsa di Engio, o possiamo anche ammettere, molti secoli prima. In quest’ultimo caso poniamo sempre Engio ad Albura e opiniamo che esso fosse stato diroccato da uno sconvolgimento terrestre, avvenuto nel IV secolo dopo Cr., siccome ci dimostra la configurazione del suolo e riferendoci, per l’epoca, alle date delle monete più recenti, rinvenute sul posto. Gli Engini superstiti si spostarono a Gangivecchio e vi riedificarono un centro abitato, che poi verrà demolito nel 1299 per essersi ribellato a Federico II d’Aragona …»

 

«… Engio di Albura o un borgo di questa città o magari il Tempio con la necropoli erano andati in rovina da alcuni secoli, prima della venuta dei Saraceni. Engio di Gangivecchio costituisce una seconda tappa, fino al 1299.

Terza: l’attuale Gangi sul Monte Marone»

 

- Gangi, Palermo 1963, p. 12

 

«… A sud-ovest del Marone, diviso dalla vallata del fiume Gangi, s’innalza il monte Albuchia o Albucchia … il rinvenimento delle colonne ci conduce ad ammettere l’esistenza di un tempio di una certa importanza, e quindi di un centro abitato … Dato quindi il numero non indifferente dei pezzi delle colonne, che hanno un diametro di cm. 70, non potrebbe trattarsi del tempio dedicato alle Meteres …? »

 

- Gangivecchio (ex monastero benedettino), Palermo 1972, p. 23-24

 

«Scoperta detta zona archeologica [di monte Alburchia] nelle immediate adiacenze della contrada Gangivecchio, avendo accertato dai rinvenimenti effettuati l’esistenza di un tempio pagano, poiché gli astorici antichi non fanno menzione nell’interno dell’Isola se non del Tempio delle Dee Madri, si è avanzata l’ipotesi che questo tempio dorico fosse proprio quello di Engjum.

In tal caso, abbiamo da enunciare, di conseguenza, due eventualità:

1) Che la città di Engjo fosse ubicata fin dal suo sorgere sul monte Alburchia, fino al IV secolo d.C. e che, in prosieguo di tempo, abbandonata o distrutta per sconvolgimento tellurico, fosse stata riedificata in contrada Gangivecchio, ad opera dei superstiti;

2) Che Engjo fosse ubicata, fin dalle origini, nella località di Gangivecchio, ma che la seconda immigrazione di Cretesi si fosse stabilita nelle adiacenze, e precisamente ad Albuchia, ove di comune accordo, essendo compatriotti e della stessa fede religiosa, avrebbero, sull’altura, edificato il Tempio delle Dee Madri. Diodoro pone, infatti, la costruzione del Tempio dopo la seconda immigrazione.

Comunque, nella prima o nella seconda ipotesi, Gangivecchio resta strettamente legato all’ubicazione, primitiva o secondaria, dell’antica Engjum.

Noi ci atteniamo alla nuova tesi di una prima tappa sul M. Albuchia, fino al IV-V secolo d.C., anche perché ben poco è stato rinvenuto a Gangivecchio di materiale archeologico»

 

- Engio e Gangi. Nella storia nella leggenda e nell’arte, seconda edizione, Palermo 1982, p. 191, 197

 

«… La sorgente, da cui prese nome la città di Engio, può identificarsi in quella che scaturisce a monte di Gangivecchio, dalla cosiddetta “Val di donna Puma”, poi convogliata nel monastero …»


 «[…] [la popolazione era di] n. 5000 [abitanti] di Engio o Kangi (in arabo)»

 

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