Filippo Quattrocchi scultore gangitano fra '700 e '800
I primi lavori a Gangi nelle testimonianze dei documenti inediti
di Salvatore Farinella©, pubblicato in Le Madonie, n. 3, 1999
Il presente testo, superato dalle successive pubblicazioni a cui si rimanda, viene riportato al fine di far conoscere l'evoluzione della ricerca storica
Del valente e abile scultore ligneo Filippo Quattrocchi, vissuto fra il XVIII ed il XIX secolo, conosciamo le straordinarie opere disseminate nelle numerose chiese dei centri siciliani: una attività intensa, quella dell’artista gangitano, che lo porta a eseguire decine di capolavori (statue singole e gruppi scultorei più complessi) di grande effetto plastico e di impressionante realismo. Pochissimo documentata, l’attività del Quattrocchi non è mai stata studiata appieno ed è sempre stata riferita alla prima metà del ‘700: inediti documenti d’archivio, oltre a fornire alcune notizie di carattere familiare, attestano invece gli inizi della sua professione a partire dalla seconda metà del secolo quando, all’età di 24 anni, riceve le prime modeste commissioni dagli amministratori delle chiese locali. Bisognerà aspettare (almeno per Gangi) l’ultimo trentenio del Settecento e i primi decenni dell’Ottocento per vedere il Quattrocchi impegnato nella produzione di quelle splendide statue lignee che, dell’artista, daranno grande eco in tutta la Sicilia.
Filippo Quattrocchi nasce a Gangi il giorno 8 ottobre 1734 e viene battezzato nella chiesa madre quattro giorni dopo: il primo nome che gli viene imposto è quello del nonno paterno, Giuseppe. Nell’atto di battesimo infatti si legge:
"Anno d(omi)ni mill(esi)mo septicent(esi)mo Trigesimo quarto die II° decimo 8bris. Ego sacerdos U(triusque) J(uris) d(octo)r d(on) Raphael de Alaimo hoc hebdommodarij huius maioris ecclesie S(anct)i Nicolai Civitatis Engij baptizavi infantem nato die 8° eiusdem mensis, filium legitimum et nat(ura)lem Gandulfi quatrocchi et Rosolie Nicosie et quattrocchi, cui imposui nomino Joseph Philippus Cataldum. Patrinus fuit Sacerdos d(on) Erasimus Oliveri, obstetrix […] Catalda Paradiso" (1).
Il padre, Gandolfo, è un borgese locale, figlio di un certo Giuseppe Quattrocchi e fratello di don Alberto (2), sacerdote che nel corso del Settecento amministrerà per qualche anno la chiesa di S. Maria della Catena: la condizione di borgese di Gandolfo Quattrocchi è attestata in particolare da una elemosina di 10 tarì e 8 grani alla chiesa madre di Gangi, nell’anno di XII Indizione 1763/64, da lui stesso fatta proprio per conto dei Borgesi (3). La madre di Filippo, Rosolia, potrebbe essere originaria della vicina cittadina di Nicosia, trasferitasi qui a Gangi qualche tempo prima con la sua famiglia: nel nostro centro incontriamo infatti fin dai primi decenni del secolo diversi personaggi che portano lo stesso cognome "Nicosia" (poco usuale a Gangi) fra i quali un impegnato pittore (del quale si dirà in altra occasione) e un valente falegname di nome Nicolò, con il quale (si vedrà) il Quattrocchi si troverà a collaborare (4). Non possiamo escludere (anche se gli elementi fino ad oggi ritrovati non consentono ancora di verificare l’ipotesi) che proprio mastro Nicolò Nicosia possa essere un parente (il nonno o, più verosimilmente, uno zio materno) presso cui il giovane Filippo abbia appreso i primi segreti dell’arte scultorea.
Quella gangitana del Settecento è una società in continuo fermento: durante tutto il secolo infatti numerosi rinnovamenti edilizi porteranno all’ampliamento e alla modifica di quasi tutte le chiese della cittadina, in quella scia di mutamento del gusto che si ritrova sia nell’architettura che nelle arti figurative. La presenza a Gangi di una famiglia di mecenati e di uomini di cultura come i Bongiorno, baroni di Cacchiamo, contribuisce ad alimentare quei meccanismi di trasformazione e, attraverso le loro Accademie letterarie e le varie conoscenze nel campo dell’arte, concorre a proiettare la cittadina in una dimensione artistica di alto livello.
I primi lavori documentati, e fino ad oggi conosciuti, di Filippo Quattrocchi risalgono al 1758 quando, giovane e intraprendente artigiano ma già noto con l’appellativo di mastro, riceve i primi modesti incarichi in alcune chiese di Gangi: a quest’epoca Filippo ha 24 anni e la natura di questi impegni iniziali presuppone già un buon uso dello scalpello e della sgorbia. Proprio in quell’anno, infatti, sono registrati alcuni pagamenti a m(astr)o Filippo Quatrocchi per dei lavori eseguiti in due chiese locali: il primo, di 10 tarì, "… per fare una nevola sotto li piedi del Glorioso S. Michele Arcangelo …" (5), statua posta nella chiesa di S. Maria della Catena, il secondo di 14 tarì "… per far l’aquila per lo disco innante la sedia del Sig(no)r Arciprete …" (6), nella chiesa Madre. Due anni dopo (1759/60) mastro Filippo viene pagato (3 tarì) nuovamente dal Procuratore della chiesa della Catena "… per fare il bacolo di S. Biagio …" (7). Si tratta evidentemente di lavori non particolarmente impegnativi, considerato anche il basso compenso percepito dal Quattrocchi: ciononostante è possibile ritenere questi incarichi come la premessa a quella produzione artistica dello scultore che, da li a qualche anno, lo renderà noto in tutta la Sicilia del periodo.
L’attività del nostro artista sembra arrestarsi però (almeno a Gangi) fino agli anni ’70 del Settecento: in questo lungo periodo sembra che il Quattrocchi non risieda nel paese d’origine ed è probabile che, nel corso di più di un decennio, egli abbia vissuto a Palermo per affinare l’arte scultorea presso qualche nota bottega d’arte della capitale. E’ nell’anno di IV Indizione 1770/71 che ritroviamo nuovamente Filippo Quattrocchi, insieme ad altri artigiani locali, impegnato nella definizione del nuovo coro ligneo della chiesa madre di Gangi. All’opera, che si colloca nel quadro di più complessi lavori che a cavallo degli anni ’70 conferiranno un nuovo volto alla matrice, parteciparono alcuni dei più validi mastri d’ascia gangitani di quel periodo: mastro Nicolò Nicosia che fu impegnato per 32 giorni, mastro Giuseppe Castagna (26 giorni), mastro Angelo Spallina (61 giorni) e mastro Fabio di Pane (64 giorni), personalità quest’ultima, a metà fra l’artista e l’artigiano, ancora tutta da scoprire e della quale ci si occuperà in altra occasione.
Per questo lavoro a Filippo Quattrocchi (l’unico che nell’esito delle spese per il nuovo coro figura con l’appellativo di Signor anziché con quello più comune di mastro, evidentemente a motivo di una oramai acquisita e ben consolidata nomea artistica) venne liquidata la somma di 6 onze e 22 tarì come compenso per "… g(ior)ni 50 delle sedie del Coro …" (8). Grazie a questa nota documentale è possibile dunque ricondurre al nostro artista gli eleganti braccioli intagliati dei sedili attualmente esistenti nel coro della chiesa madre di Gangi, sebbene ulteriori notizie di interventi successivi effettuati nello stesso coro inducono a procedere con prudenza per ciò che riguarda le attribuzioni.
Nella nostra cittadina che, nella seconda metà del Settecento, vedeva in continuo mutamento gli edifici religiosi e la presenza di numerose personalità artistiche (note e meno note) protagoniste di inediti fatti d’arte, rimane da segnalare un altro intervento del nostro artista collocabile non più fra i primi lavori ma probabilmente in una fase artistica oramai matura ed avanzata. Nel 1772/73 infatti, ossia due anni dopo l’esecuzione dei lavori nel coro nella chiesa madre, il "… Sig(no)r Filippo Quattrocchi scultore …" venne chiamato "… per acconciare la statua di S. Cataldo [nell’eponima chiesa] per alcuni pannigii che gli mancavano …" e "… per fare il bastone di sud(ditt)o Santo nuovo …", interventi per i quali venne pagato complessivamente 1 onza, ossia 18 tarì per il primo e 12 tarì per il secondo intervento (9).
Quest’ultimo lavoro agli inizi degli anni ’70 del Settecento testimonia dunque l’avvenuta assunzione, da parte del Quattrocchi, di un ruolo emergente nel campo dell’arte scultorea lignea siciliana del periodo, ruolo che lo porterà alla definizione di numerosi quanto raffinati capolavori disseminati nelle varie chiese di Sicilia. Della sua vita e della sua arte rimane però ancora tutto da scoprire, e chissà che la ricerca d’archivio oltre a inedite notizie sull’artista gangitano non possa riservare anche qualche inaspettata sorpresa.
Note
1 Archivio Chiesa Madre Gangi (da ora ACMG), Libri dei battesimi, atto di battesimo del 12 ottobre 1734, vol. III, c. 95. Il documento è stato citato anche dal
Nasello ma con qualche imprecisione: l’autore ha soprattutto invertito i nomi di battesimo del Quattrocchi anteponendo al primo nome, ossia Giuseppe, quello di Filippo. Cfr. S. Nasello, Engio
e Gangi, Palermo 1982, p. 266, nota 1. [Il documento in questione è superato dal vero atto di battesimo di Filippo Quattrocchi che ho ripartato in un successivo articolo].
2 ACMG, Libro dei conti della chiesa di S. Cataldo, vol. II, anno XII Indizione 1718/19, introito censi annuali, c. 62; don Liberto e Gandolfo risultano eredi di Giuseppe Quattrocchi.
3 Ibidem, Libro dei conti della chiesa Madre, vol. IV, anno XII Indizione 1763/64, introito elemosine, c. 119 v.
4 Nel 1735/36 mastro Nicolò Nicosia viene pagato "per haver accommodato li Cassarizzi con sua legname e chiodi" della chiesa madre: AGCM, Libro dei conti della chiesa Madre, anno XIV Indizione 1735/36, c. 181 v.
5 ACGM, Libro dei conti della chiesa di S. Maria della Catena, anno VI Indizione 1758, vol. III, c. 149.
6 Ibidem, Libro dei conti della chiesa Madre, anno VI Indizione 1758, vol. IV, c. 67. Nello stesso esito, al f. 66 v, è registrato un pagamento di 6 tarì a mastro Nicolò Nicosia per fare "… il tolaro del sopracelo del SS.mo Crocefisso meso nella Sagristia …".
7 Ibidem, Libro dei conti della chiesa di S. Maria della Catena, anno VIII Indizione 1759/60, vol. III, c. 172.
8 Ibidem, Libro dei conti della chiesa Madre, anno IV Indizione 1770/71, vol. IV, c. 173.
9 Ibidem, Libro dei conti della chiesa di S. Cataldo, vol. III, anno VI Indizione 1772/73, c. 93 v.