La storia di Gangi. Premessa
È mia convinzione che, quando si scrive di storia, ogni argomentazione che viene proposta debba essere chiaramente supportata da precisi riferimenti archivistici e documentali o da altrettanto chiare indicazioni bibliografiche, riportando in maniera completa ed esaustiva le indicazioni e i riferimenti archivistici e bibliografici: ciò per dare modo, a chiunque lo voglia, di verificare la bontà di quanto viene asserito. Purtroppo qualche improvvisato “storiografo” ritiene di poter dare indicazioni di carattere storico senza minimamente documentare le proprie argomentazioni, o senza indicare in maniera circostanziata i riferimenti archivistici o bibliografici assunti a riferimento, o ancora proponendo riferimenti parziali e incompleti di modo che (fuorviando più o meno coscientemente) chi volesse approfondire o verificare quanto viene scritto incontri serie difficoltà.
È altrettanto mia convinzione, poi, che quando vengono proposte delle ipotesi storiografiche (quelle che Henri Bresc, uno dei più affermati studiosi della storia medievale siciliana e mediterranea, chiama prepositione de travaille, ipotesi di lavoro) si debba poter distinguere agevolmente fra ciò che è “ricostruzione storica ipotetica” e ciò che è invece “ricostruzione storica documentata”, magari semplicemente dichiarando che si tratta dell’una o dell’altra cosa: una prassi che ho sempre seguito in tutti i miei scritti allo scopo di dare al lettore la giusta dimensione di ciò di cui si tratta, in maniera tale da consentire una libera formulazione di giudizio.
Assumere tout-court come verità assoluta ciò che nel passato è stato scritto senza l’ausilio di fonti certe e senza una corretta impostazione storiografica (qual è quella contemporanea), dando per scontato presunte verità storiche - peraltro traballanti - che vengono prese a base delle proprie verità considerate anch’esse assolute, significa chiudere le porte a un dibattito storiografico serio e a un confronto critico che, analizzando tutte le carte in gioco, può portare a una storia diversa e forse più coerente.
In oltre tre decenni di ricerca storica e di attività pubblicistica ho sempre tenuto a mente quanto ho accennato sopra: argomentando con dovizia di riferimenti archivistici e bibliografici e pubblicando documenti inediti credo di avere contribuito in più occasioni a ridare alla Storia di Gangi la sua coerenza e quella che per gli argomenti trattati, fino a prova contraria, può essere considerata la sua storia più documentata (cito i volumi pubblicati sulla chiesa dello Spirito Santo, sulla chiesa della Catena, su Filippo Quattrocchi, sui Ventimiglia, sul palazzo Bongiorno, sui cognomi e le 'ngiurie, sull’abbazia di Santa Maria di Gangi Vecchio, nonché i numerosi articoli e le diverse collaborazioni editoriali come il più recente scritto sulla chiesa madre di Gangi e i lavori ancora da pubblicare). Intuizioni, ipotesi e ragionamenti critici che, grazie alla pluridecennale ricerca d’archivio e sul territorio, si sono trasformati nella “Storia” del nostro borgo, o in buona parte di essa.
Lascio perciò al lettore il giudizio sulla bontà delle argomentazioni e sulla coerenza storica e documentale di esse, dichiarandomi sempre pronto a qualsiasi confronto e dibattito storiografico costruttivo e a ritornare sui miei passi laddove qualcuno fornisse certe o attendibili prove contrarie.
Buona lettura.