Mesogeia: il territorio di Gangi, terra di confine alle sorgenti dell’Imera meridionale. L’eredità di antichissime culture

di Salvatore Farinella©, testo inedito tratto da Gangi prima di Gangi: alle origini dell'insediamento. Dalla preistoria al medioevo (in corso di lavorazione)

La vallata del Fiume Gangi, affluente dell'antico Himera meridionale (foto S. Farinella©)
La vallata del Fiume Gangi, affluente dell'antico Himera meridionale (foto S. Farinella©)

Μεσόγεια - che significa letteralmente terra di mezzo - è la voce greca con la quale nell’antichità veniva indicato l’entroterra siciliano: l’interno dell’isola lontano dalle grandi città della costa, che per lunghi secoli rimase al riparo dalle influenze della cultura greca.

Area di forti produzioni granarie e di grossi allevamenti di bestiame nel corso dei secoli, il territorio di Gangi è topograficamente posto alle pendici orientali delle Madonie, quasi alla confluenza del massiccio montuoso con la catena dei Nebrodi e degli Erei. Quando Strabone, Silio Italico, Solino e lo stesso Plinio il Vecchio scrissero del Nebrodes o del Maroneus Mons si riferivano certamente all’intera area centro settentrionale dell’isola, la stessa che Tucidide (VI 2,5) sostenne occupata dai Siculi: un’area «fra le più naturalmente ‘impermeabili’ alle penetrazioni esterne e [che], pertanto, dovette mantenere a lungo un’autonomia culturale e politica, sotto il controllo delle tribù indigene» (1). L’etimo Maroneus o Maro Mons fu tuttavia sinonimo delle sole Madonie per molti secoli, e l’appartenenza di Gangi a questo contesto ambientale e culturale è testimoniata dal nome del monte su cui oggi sorge l’odierno abitato - Monte Marone appunto - che rievoca in sé l’oronimo madonita.

L’odierno territorio di Gangi è caratterizzato soprattutto dalla presenza di tre vallate: una a meridione è solcata dal Fiume Gangi che alla fine del suo corso si riversa nel Salso e dunque nell’Imera meridionale, una a settentrione è segnata dal corso del Torrente Rainò che costituisce affluente del Fiume Pollina che si riversa nel Tirreno, un’altra a oriente è segnata dall’altro Salso che in seguito diventa Simeto scorrendo verso la piana di Catania. E’ tuttavia la vallata del versante meridionale a qualificare maggiormente il territorio in epoca antica, dal punto di vista antropico e degli insediamenti abitativi.

Carta della Sicilia di Abraham Ortelio 1584 (tratta da E. Iachello, a cura, L'isola a tre punte. La Sicilia dei cartografi dal XVI al XIX secolo, Catania 1999)
Carta della Sicilia di Abraham Ortelio 1584 (tratta da E. Iachello, a cura, L'isola a tre punte. La Sicilia dei cartografi dal XVI al XIX secolo, Catania 1999)

Oltre a segnare oggi un tratto del confine amministrativo, il corso d’acqua che scorre sotto l’abitato e che prende il nome di Fiume Gangi attraversa quasi l’intero territorio da nord a sud come una spina dorsale: è questo uno dei tre rami che alimentano il fiume Salso che ha una delle tre sorgenti proprio nei pressi di Gangi (in contrada Gangi Vecchio) e la sua foce nel Canale di Sicilia presso Licata, a metà strada fra Gela e Agrigento, e che nell’antichità era noto come fiume Himeras meridionale. In epoca antica esso costituì una delle più importanti vie di penetrazione dal litorale meridionale verso l’interno della Sicilia, la mesogeia, e per molti secoli fu linea di frontiera fra le antiche etnie isolane.

È probabile che il Salso-Imera meridionale sia il fiume chiamato dagli antichi Aλμυρός - Alykos, ovvero “salato” per via delle sue acque fortemente saline testimoniate fra l’altro anche da Diodoro Siculo (2) a proposito della battaglia svoltasi presso le sue rive nel 249 a.C. fra l’esercito di Agatocle e le truppe cartaginesi (3): è da pensare infatti che la voce greca Alykos possa indicare quello che nella Tarda Età del Bronzo - o comunque prima della colonizzazione greca - era il nome del nostro fiume. Ad ogni modo il Salso rappresentò per lungo tempo una delle principali vie di comunicazione fra la costa meridionale e la mesogeia, arteria forse navigabile fino a un certo punto e itinerario privilegiato per la diffusione della cultura indigena, micenea e poi greca, come sembrano attestare le recenti indagini archeologiche.

Seguendo dalla foce il corso del Salso - che si sviluppa per circa 112 chilometri - si giunge a quell’area che convenzionalmente viene indicata come "alta valle dell’Imera meridionale". Se l’Imera settentrionale o Fiume Grande - che si riversa nel Tirreno nei pressi della località Buonfornello - insieme ai bacini fluviali del San Leonardo e del Platani segna un’area di insediamenti indigeni riconducibile al gruppo etnico sicano - retroterra in epoca greco-ellenistica delle città di Himera e di Agrigento -, l’alta valle dell’Imera meridionale costi-tuisce quella terra di confine fra l’etnia dei Sicani e quella dei Siculi che occuparono l’area etnea e l’area dei Nebrodi spingendosi verso occidente fino a stabilirsi nelle terre a ridosso del nostro fiume.

Il Fiume Gangi, affluente dell'Himera meridionale (foto S. Farinella©)
Il Fiume Gangi, affluente dell'Himera meridionale (foto S. Farinella©)

Più o meno concordemente, la linea di tale confine «si può pensare che fosse allora sull’Himera meridionale (fiume Salso)» (4), con la parte occidentale dell’isola rimasta ai Sicani e la parte orientale soggetta ai Siculi, seppure in una realtà confusa e in continua evoluzione legata alle vicende belliche che contrapponevano le due etnie - e che poi con-trapporranno le genti anelleniche ai Greci e questi ai Fenicio-Punici -. È comunque probabile che «un confine stabile non è sicuramente esistito almeno fino al momento in cui è stato fissato dall’intervento greco-punico; ed un aiuto utile a ricostruirlo in toto non ci può essere dato dalla storiografia per l’ovvio motivo che i vari Ippi, Antioco, Filisto dovevano considerarlo troppo noto per soffermarsi a descriverlo. Così possiamo fissare soltanto alcuni punti senza la pretesa di conoscere l’inconoscibile» (5).

Certo è che l’odierno territorio di Gangi viene a trovarsi in un’area particolarmente significativa per la storia della Sicilia antica, e tuttavia ancora poco esplorata dal punto di vista archeologico: un territorio che lascia intendere un rapporto con le antiche civiltà isolane documentato dalle testimonianze conservate nel locale Museo Archeologico e che, a torto o a ragione, hanno portato nel passato ad accostare il nome della nostra cit-tadina alla mitica città di Engyon o dell’antica città di Erbula e più recentemente alla sicula città di Herbita in una quanto mai insostenibile lotteria di attribuzioni.

Quali che fossero i nomi dei centri abitati esistenti nei tempi antichi su questo territorio, appare innegabile che l’attuale Gangi sia l’erede di quella cultura - indigena, poi greca e poi romana - presente in questo territorio: una eredità che si riflette nei vari insediamenti sparsi su questo stesso territorio in tempi in cui l’odierna cittadina - non ancora chiamata Gangi - neppure esisteva. Ad ogni modo le testimonianze archeologiche sono oggi sufficienti per delineare, sebbene in maniera ancora incompleta, un quadro della realtà insediativa madonita in questo periodo (6).

È proprio in quest’area di frontiera in cui si intrecciano diverse culture che cominciano a svilupparsi, in epoche molto remote, i primi insediamenti umani che nel corso dei secoli daranno origine all’odierna Gangi. Pur con i limiti rappresentati dalla quasi totale assenza di indagini archeologiche è possibile fare il punto della situazione sulle antichità di questo territorio: è possibile cioè vedere com’era Gangi prima di Gangi.

 

Note

 

1 A. Franco, Le fonti storico-letterarie antiche sull’area madonita, in R. Ferrara, F. Mazzarella (a cura), Petralia So-prana e il territorio madonita, Atti del Seminario di Studi, Petralia Soprana 4 agosto 1999, Petralia Soprana 2002, p. 16. Si veda anche dello stesso autore l’ottimo studio Periferia e frontiera nella Sicilia antica. Eventi, identità a confronto e dinamiche antropiche nell’area centro settentrionale fino al IV sec. a.C., Pisa-Roma 2008, p. 16-17.

2 Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, lib. XIX, 109, 4-5.

3 Riguardo al complesso problema dell’identificazione topografica del fiume Alyko con il Platani oppure con il Salso (cioè con l’Imera meridionale), si cf. L. M. HANS, Lykos und Halykos, in “Chiron”, XII, 1982, p. 211-216, ripreso in S. Vassallo (a cura), Colle Madore. Un caso di ellenizzazione in terra sicana, Palermo 1999.

4 L. Bernabò Brea, La Sicilia prima dei Greci, Milano 1958, p. 174.

5 E. Manni, “Indigeni” e colonizzatori, nella Sicilia preromana, in “Assimilation et resistance à la culture gréco-romaine dans le monde ancien. Travaux du VIe Congrès International d’Etudes Classiques, Madrid, Septembre 1974”, Paris-Bucuresti 1976, p. 185.

6 Cfr. S. Farinella, Storia delle Madonie. Dalla Preistoria al Novecento, Palermo 2010, p. 25 e segg.