La torre detta "dei Ventimiglia" a Gangi fra "pinnaculum", Cavalieri di Malta e altri abbagli storici, passando dalla fondazione di Gangi e da uno stemma araldico di stravagante lettura: risposta a Mario Siragusa su discutibili, presunte "certezze" - 3^ Parte
di Salvatore Farinella©, testo inedito - dicembre 2014
Con tutto il rispetto per il Valenti e per il De Amicis, c’è da dire che per il primo sono noti gli abbagli storici nella relazione sulla torre di Gangi e, se pure per lontana ipotesi su di essa vi fosse stato l'emblema di Gerosolimitani, lo stesso Valenti attesta che «a ben ragione si può ritenere che queste [insegne] siano state apposte molto tempo dopo della costruzione della torre medievale» (cito la Relazione del Valenti, manoscritto Biblioteca Comunale Palermo, 5Qq, E, 142, p. 5 e p. 4); mentre per il secondo appare giustificabile - nella sua breve visita a Gangi - l’avere attinto dall’unica fonte disponibile, cioè la «memoria storica locale del tempo» (probabilmente verbale) riconducibile a personaggi gangitani che nei primi del Novecento avrebbero avuto cognizione di quelle storie non necessariamente sulla base di fonti documentali.
Sulla base di quale documentazione si può asserire, dunque, che la torre fu appannaggio dei Cavalieri di Malta? Sulla base di uno stemma che, guarda caso, non esiste più e che né il Valenti né il De Amicis videro con i propri occhi? E come si concilia la contraddizione dell’articolista secondo cui dalla metà del XVI secolo in poi la torre fu esclusivamente torre campanaria della chiesa madre, «mai e poi mai ceduta al potere civico locale», e invece fino all’Ottocento sarebbe stata appannaggio dei Cavalieri di Malta i quali, a dire dell’articolista, «a Gangi, come altrove, difficilmente … avrebbero apposto il proprio stemma su un edificio di non loro pertinenza o proprietà»? A parte il fatto che se fosse stata «ex originis di proprietà di quell’ordine cavalleresco» la torre sarebbe stata dei Cavalieri di Rodi e non di Malta (denominazione utile solo dal 1530 in poi) e che nell’Ottocento la commenda gangitana dei Cavalieri di Malta non esisteva più.
È sconfortante leggere ancora dall’articolista che, addirittura, la torre sarebbe stata la sede dell’Ordine, ossia il luogo dove esso si riuniva, raffrontandola con la sede dei Cavalieri a San Giovani di Fleri a Catania: «anzi risulta che una loro sede in Sicilia (S. Giovanni di Fleri di Catania), accostata stilisticamente al duomo di Nicosia, aveva qualche caratteristica strutturale simile alla nostra torre (paragonata, lo ricordiamo, in termini architettonici anche alla citata chiesa nicosiana). Era in stile gotico. Aveva un grande portale ad arco sul quale era collocato lo stemma (“armi”) dell’Ordine in esame. Presentava delle bifore. E diverse sedi di commende ospitaliere potevano trovarsi ai limiti, ai margini di un abitato o fuori le mura, proprio come, nel medioevo, la nostra torre ventimigliana)».
A parte il fatto che la nostra torre non si è mai trovata fuori dalle mura urbane neppure nel medioevo, poiché nel XIV-XV secolo - quando si presume che essa sia stata costruita - le (nuove) mura trecentesche arrivavano fino alla via Grande Sant’Antonino, l’accostamento della nostra torre con la sede dei Cavalieri a San Giovanni di Fleri (o di Fleres) è completamente fuori luogo per una serie di ragioni: questa sede catanese dell’Ordine non era ubicata in una “torre”, ma «la commenda di “camera priorale” di San Giovanni di Fleri [era] allogata nel palazzo annesso all’omonima chiesa di fondazione bizantina, sita al centro della città … una magna domus, anch’essa assai antica, che fungeva da palazzo commendale. Si trattava di un’ampia costruzione che … presentava una configurazione piuttosto articolata e parzialmente medievale. Al palazzo si accedeva da un porticali grandi antico di petra intaglata fatto ad arco […] sopra la quali porta erano molti sorti di armi quali non si conoscono ma solo si vidino depincti in dui parti l’armi della Religione. Al primo piano erano una grande sala con due finestre e una bifora con colonnina marmorea, una grande camera con tre bifore che si affacciavano sulla corte, un cammarone e diversi altri ambienti. … più interessante doveva essere l’esterno e, in particolar modo, il portale maggiore ad arco di petra intaglata lavorata antichissima con li soi porti di lignami lavorati antichissimi» (cito C. Ciolino (a cura), Frammenti e memorie dell’Ordine di Malta nel Val Demone, Messina 2008, p. 253-265). Non una torre, dunque, ma un palazzo e non ai limiti o ai margini dell’abitato o addirittura fuori le mura, ma al centro della città: come si vede poi chiaramente, nessuna delle «caratteristiche strutturali» della sede catanese è lontanamente simile alla nostra torre, anzi tutto il contrario: qui si tratta di un palazzo articolato, con grandi camere, sale, cameroni e diversi altri ambienti. Non basta, per un raffronto stilistico-strutturale, che la nostra torre sia «in stile gotico» e che abbia «delle bifore» o un «grande portale» (che poi, nella nostra torre, è un fornice passante che è tutt’altra cosa). E l’accostamento della sede di Fleri al «duomo di Nicosia» è riferito esclusivamente al portale della commenda (ossia all’elaborata porta d’ingresso e non certo al fornice di un quadriportico), posto dallo Spatrisano «in relazione al portale della Cattedrale di Nicosia ed a quello della chiesa di San Francesco» (ivi, p. 266-267). È proprio vero che chi vuole scrivere deve prima imparare a leggere.
- Un’ultima notazione va fatta ancora su alcune altre affermazioni dell’articolista sui Cavalieri di Malta, rimandando tuttavia per la vastità dell’argomento ai miei scritti in corso di cui in questo sito ho già dato una anticipazione. I Gerosolimitani avevano a Gangi un ospedale, che non era nei pressi della torre come supposto dall’articolista: l’ospedale era annesso alla chiesa di San Giovanni Battista (oggi cappella del palazzo Mòcciaro) a qualche centinaio di metri dalla torre della matrice, chiesa che non venne «fondata nel ‘500» (come sostenuto dall’articolista) ma nei secoli precedenti. Sfugge infatti all’articolista (a cui consiglio di leggere di più, oltre che di occuparsi di materie più consone ai propri studi) che nella prima metà del Quattrocento risulta a Gangi una commenda o preceptoria di San Giovanni gerosolimitano con la sua chiesa dedicata al Santo a cui era annessa la chiesa di San Giovanni Evangelista di Nicosia e di cui peraltro era precettore un Ventimiglia, come agevolmente si evince da cronache e documenti (cito G.L. Barberi, Beneficia Ecclesiastica, a cura di I. Peri, Palermo 1962, p. 35). E poi la presenza gerosolimitana a Gangi risulta documentata già nella seconda metà del Trecento.
Riguardo al quartiere o “contrada” di Gangi “intitolata” ai Cavalieri di Malta nel medioevo (una indicazione troppo generica di un periodo), informo l’articolista che il quartiere non era intitolato ai Cavalieri di Malta e non era «esistente nelle vicinanze della torre campanaria»: l’unico quartiere che ha un riferimento diretto ai Gerosolimitani, ma dalla metà del Cinquecento in poi, è il quartiere “Porta di Malta” che si trovava dalla parte opposta della chiesa di San Giovanni Battista, ossia verso oriente e a diverse centinaia di metri dalla nostra torre. E si è mai chiesto l’articolista come mai il quartiere Porta di Malta si trovasse dalla parte opposta della chiesa di San Giovanni Battista, ossia verso oriente, dalla parte opposta alla chiesa e cui essi facevano capo? Io me lo sono chiesto, e credo di avere anche trovato la risposta che, per la sua articolata struttura, proporrò nello studio tuttora in corso.
Per concludere l’argomento, non c’è in definitiva alcun documento che provi che la torre della chiesa madre sia stata «appannaggio dei Cavalieri di Malta»: a riprova di ciò l’articolista potrebbe consultare i “cabrei” (inventari) dell’Ordine custoditi presso l’Archivio di Stato, o gli inventari custoditi presso il nostro Archivio Storico Comunale, nei quali la torre non è mai citata fra i possedimenti dei Gerosolimitani.