L’assedio del 1299, la presunta distruzione e la presunta riedificazione di Gangi: dalla storia all’invenzione

di Salvatore Farinella©, testi inediti tratti da GANGI. LA STORIA. Dal Medioevo al Novecento. Vol. I. Dalla fondazione normanna alla fine del Medioevo (XII-XV secolo). Il borgo e il suo territorio  (in corso di pubblicazione), ottobre 2012

Gangi Vecchio (foto S. Farinella©)
Gangi Vecchio (foto S. Farinella©)

3. Il luogo della "vecchia" Gangi

 

Fra i motivi che escludono la distruzione del nostro borgo nel 1299 c'è quello che riguarda il luogo della "vecchia" Gangi dove, secondo gli storiografi tradizionali (e coloro che solo ad essi fanno riferimento),   sarebbe sorta la fortezza assediata dalle truppe di re Federico III: costoro identificano infatti la Gangi assediata e presuntivamente distrutta nei pressi della località significativamente chiamata Gangi Vecchio “dove si hanno eloquenti testimonianze archeologiche che vanno dal I secolo a. C. al XIII secolo d.C.”, quest’ultima identificata poi con l’antica Engyon.

Nessuna prova archeologica ha finora permesso di legare al sito di Gangi Vecchio l’antica cittadina di Engyon, a meno dell’assonanza dei due nomi - Gangi ed Engyon, soprattutto nell’inflessione dialettale Angi -: una ipotesi che è ancora destinata a rimanere nel limbo dell’incertezza, sebbene non possa essere esclusa una localizzazione dell’antica città cretese in altri siti del territorio gangitano.

Del resto le stesse indagini archeologiche condotte a Gangi Vecchio nel 1974 (da Francesco Giunta e altri) e più recentemente negli anni Duemila (da Glenn Storey, ultimamente con Fabiola Ardizzone) hanno messo in luce esclusivamente la presenza un insediamento di età romana databile dal I secolo a.C. al V secolo d.C. (ben lungi dalla cronologia dell’antica Engyon) e una modesta continuità di vita in età bizantina e arabo-normanna.

A tal proposito è utile riportarle risultanze delle indagini del 1974: “La ceramica antica predomina, e di gran lunga, con l'87% del totale dei frammenti raccolti … La ceramica romana, inoltre, è in maggioranza in tutte le unità di prospezione, e la sua percentuale più debole è rappresentata dal 45%. Spesso raggiunge anche il 100%, soprattutto nelle zone più marginali del sito, lontano dalla massaria. La ceramica medioevale segue a grande distanza con il 7,7% del totale dei frammenti. È rappresentata più consistentemente in una zona che esclude le zone marginali e che circonda l'edificio principale su uno spazio ancora abbastanza esteso. La ceramica moderna (e contemporanea) segue per ultima con il 5,3% del totale dei frammenti, ma si localizza molto esattamente, raggruppandosi intorno alla massaria e scomparendo mano a mano che ci se ne allontana. L'occupazione medioevale è attestata da alcuni frammenti di ceramica arabo-normanna, da pochi pezzi di maiolica e soprattutto da una quantità più rilevante di ceramica databile al XIV sec.: si tratta di invetriata verde o gialla che potrebbe essere contemporanea alla fondazione del monastero. In effetti, le sole testimonianze archeologiche che permettano di avanzare l'ipotesi di una occupazione intermedia, prima del 1363, si riassumono in questi pochi e troppo scarsi frammenti arabo-normanni e in un piccolo frammento di proto maiolica” (19).

Anche Francesco Giunta, nella sua relazione alla prospezione archeologica, sottolineava come “L'indagine si prefiggeva lo scopo di accertare la continuità di vita tra la fondazione del Monastero Benedettino, avvenuta secondo la testimonianza delle fonti scritte nel sec. XIV e attestata dalle strutture murarie superstiti, e un probabile insediamento romano supposto in base alla presenza di numerosi frammenti di ceramica romana affioranti in superficie. … I saggi hanno confermato i risultati della prospezione; si è infatti rinvenuta una notevole quantità di ceramica romana (databile all'incirca dalla metà del I a tutto il V secolo d. C.) e poca ceramica medioevale (frammenti arabo-normanni e del XIV sec.)” (20).

 

Gangi Vecchio (foto S. Farinella©)
Gangi Vecchio (foto S. Farinella©)

Ora, un borgo con castello come doveva essere quello di Gangi, anche se distrutto totalmente, dovrebbe aver lasciato qualche traccia, se non di strutture, almeno di frammenti con una quantità maggiore concentrata proprio in età normanno-sveva e aragonese (XII-XIII secolo): le risultanze dell’equipe franco-italiana che partecipò alle indagini del 1974 dicono invece che “né i saggi, né la prospezione comunque ci hanno fornito delle indicazioni tali da permetterci di individuare l’esistenza di una grossa occupazione medievale del luogo prima della fondazione del Monastero. L’indice del 7% di ceramica medievale dato dalla prospezione e un probabile strato medievale rinvenuto nel saggio A1 del settore A farebbero propendere maggiormente verso l’esistenza di una occupazione di carattere modesto” (21).

Il rinvenimento a Gangi Vecchio (in posizione di fondovalle) di reperti databili fra il I secolo a.C. e il XIII-XIV secolo non conferma dunque la presenza di un borgo fortificato che non avrebbe potuto esistere in quella posizione sottomessa (dato che nessuna prova archeologica è stata rinvenuta sull’altura che sovrasta Gangi Vecchio): qui invece, così come venne rilevato da Idrisi nel 1154, c’era la presenza di un casale (che lo stesso Idrisi chiama “paese” e non “castello”) che venne sì distrutto nel 1299 durante i saccheggi delle campagne. L’antica Gangi assediata nel 1299 non è dunque da individuare in contrada Gangi Vecchio, sebbene l’esistenza dell’insediamento qui individuato (che le indagini indicano come modesto in epoca medievale) si arresta alla fine del XIII secolo.

 

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Note

 

19 - P. Beck, B. Maccari, J.M. Poisson, Prospezione archeologica a Gangi Vecchio, Archeologia Medievale, II-1975, , p. 384-385

20 - Campagna di ricerca a Gangi Vecchio - 1974, Relazione del prof. Francesco Giunta, Palermo 10 agosto 1974.

21 - P. Beck, R.M. Dentici Buccellato, B. Maccari, J.M. Poisson, Gangi Vecchio: una campagna di ricerca archeologica, in Actes du Colloque international d'Archéologie médiévale, Palermo 20/22 settembre 1974, Palermo 1976, p. 305