La tradizione storiografica: ombre sulla storia di Gangi
di Salvatore Farinella©, testi inediti tratti da GANGI. LA STORIA. Dal Medioevo al Novecento. Vol. I. Dalla fondazione normanna alla fine del Medioevo (XII-XV secolo). Il borgo e il suo territorio (in corso di pubblicazione), ottobre 2012
Nell’immaginario collettivo dei gangitani, come pure nelle idee di alcuni studiosi di cose antiche, Gangi è l’erede della mitica Engyon (si
legga Enghìon) com’era chiamata dai Greci - Engium o Engio per i Latini -, una piccola cittadina della Sicilia antica famosa per il culto alle Meteres - le dee
Madri - che si diceva importato da Creta. A dire il vero, il legame concreto fra le due cittadine non è mai stato provato e la vexata quaestio attende ancora la sua soluzione: nondimeno
una plurisecolare tradizione storico-bibliografica e alcuni indizi di varia natura condurrebbero nella direzione di un collegamento fra la mitica cittadina di Engyon e l’odierno centro abitato di
Gangi. Su questo si rimanda al tema specifico.
La tradizione storiografica vuole l’odierno borgo di Gangi nato nei primi anni del XIV secolo - secondo alcuni nel 1303 (1) - a seguito della presunta distruzione nel 1299 di un precedente centro abitato fortificato - identificato appunto con l’antica città di Engyon - che si ritiene ubicato nella vicina contrada Gangi Vecchio: raso al suolo il castello e l’abitato, gli abitanti si sarebbero dispersi fra le campagne e i borghi vicini, per fare poi ritorno qualche tempo dopo sul Monte Marone dove avrebbero fondato l’attuale borgo di Gangi. La tradizione della distruzione e della rifondazione di Gangi venne tramandata dai due studiosi locali, Santo Nasello e Francesco Alaimo (2), i quali, senza alcuna verifica documentale e alcun atteggiamento critico, attinsero a piene mani da quegli storiografi del passato che a partire dal XVI secolo avevano pensato di sancire in maniera risolutiva i termini della storia di Gangi: fra essi Tommaso Fazello, Filippo Cluverio, Rocco Pirri fino ai settecenteschi Marchese di Villabianca e Vito Amico i quali riproposero sempre lo stesso cliché.
A dire il vero non c’è alcuna certezza che l’originario borgo di Gangi sorgesse in località Gangi Vecchio e che sia stato distrutto nel 1299 (si veda l'articolo sull'argomento), come non c’è alcuna certezza sul fatto che esso sia stato fondato nei primi anni del Trecento sul monte Marone a seguito di quella presunta distruzione: anzi, a leggere meglio le carte e a rileggere meglio la storia di quei tempi e dei tempi precedenti sembra proprio che le cose non siano andate così come si è sempre raccontato.
A mettere in dubbio l’ipotesi della distruzione e della successiva ricostruzione del borgo di Gangi - eretta nel tempo a unica verità storiografica del nostro centro - fu per la prima volta lo studioso siciliano Illuminato Peri che, attraverso mirati ragionamenti su uno dei testi fondamentali della storia topografica della Sicilia medievale, mise sotto un’altra luce la fondazione del nostro centro (3). Quanto debole fosse la posizione della storiografia tradizionale, e quanto fragile fosse la “storia” della distruzione e della successiva ricostruzione del borgo di Gangi, venne messo in risalto da un documento pubblicato da uno dei più famosi medievisti siciliani - il gangitano Francesco Giunta -: in esso venivano riportati i patti di resa del borgo di Gangi assediato nel 1299, accordi che insieme ad altri elementi storici documentati escludevano - come si vedrà - che l’abitato fosse stato distrutto in quella circostanza e che fosse stato in seguito ricostruito.
Su deboli basi, su incerte deduzioni e su forzate interpretazioni di testimonianze storico-letterarie nonché sull’assenza di critica storiografica la storiografia tradizionale ha dunque costruito la propria storia con la convinzione che Gangi, ritenuta erede dell’antica Engyon in quel di Gangi Vecchio, venne distrutta nel 1299 e ricostruita sul Monte Marone nei primi anni del Trecento.
Del resto diversi errori storiografici (fra gli altri si segnalano l'inesistente oratorio di San Sebastiano o l’altrettanto arbitraria notizia dell’assegnazione di metà del borgo ai Cavalieri di Malta da parte dell’imperatore Carlo V quando, nel 1535, percorse la Sicilia passando secondo gli studiosi locali per Gangi) hanno portato a una approssimativa e fuorviante storia di Gangi che invece i documenti d'archivio e le raccolte documentarie e gli studi specifici degli ultimi decenni (che fanno capo ai nomi di Michele Amari e Carlo Alberto Garufi, di Salvatore Cusa e Lynn Townsend White jr, di Enrico Mazzarese Fardella e dei citati Illuminato Peri e Francesco Giunta, solo per indicarne alcuni, o a studiosi come Henri Bresc e Maurice Aymard), ma anche i nuovi apporti che sopraggiungono da altre discipline come l’archeologia, la linguistica a cui si accosta la toponomastica e lo studio del territorio, consentono di riscrivere.
Pur nella persistente incertezza delle origini del nostro borgo, è mia opinione che questa tradizione storiografica sia da abbandonare, nella considerazione che non
esiste oggi alcuna testimonianza attendibile della presunta distruzione di Gangi e che, di conseguenza, è lecito avanzare fortissimi dubbi sulla ipotizzata fondazione trecentesca dell’odierno
centro abitato: una problematica non di poco conto per la nostra storia patria, che investe la rilettura degli eventi e, che alla luce dei documenti (sconosciuti o ignorati dalla storiografia
tradizionale) e di nuove tracce presenti sul territorio, porta a formulare la nuova e più avvincente ipotesi che Gangi sia una fondazione normanna. Una ipotesi che non nasce
dal solo gusto di dire qualcosa di nuovo e di “originale” o per controvertire quella che viene indicata
come una chiara, solare e pacifica verità storica (che così pacifica non è) perché così è sempre stato, ma dal coraggio di proporre una sana critica
storiografica e una visione alternativa basata sulla rilettura di testi e documenti e sulla capacità di ragionare su fatti ed eventi che, come spesso è stato dimostrato da ben altri più
illuminati studiosi in altre occasioni, si sono rivelati infondati.
Certo, laddove la documentazione non lo consente appieno si farà ricorso a indizi sufficienti a costituire una prova o a ragionamenti atti a costruire nuove ipotesi attendibili: in ogni caso lo sforzo è quello di distinguere chiaramente ciò che è ricostruzione ipotetica da ciò che invece è ricostruzione storica documentata.
Note
1 La data 1303 venne proposta da Francesco Alaimo in un articolo sul giornale L’Ora del 1924.
2 S. Nasello, Engio e Gangi, Palermo 1949/1982; F. Alaimo, La Vigna, poema dialettale, Palermo 1931; Id., La Chiesa di Gangi nell’era pagana, Palermo 1959.
3 I. Peri, I paesi delle Madonie nella descrizione di Edrisi, Palermo 1955.