Il più antico dipinto: il Cristo Pantocratore
di Salvatore Farinella©, tratto da La chiesa dello Spirito Santo in Gangi. Fabbricazione, trasformazioni e fatti d'arte dal 1576 attraverso i documenti inediti, edizioni Valdemone, Assoro 1999 (testo rivisitato in In festivitate Spiritus Sancti. La festa e la processione dello Spirito Santo a Gangi. Storia e tradizione con una guida alla processione e all’iconografia dei Santi, in attesa di pubblicazione, e in Arte a Gangi. Pittura, scultura e arti decorative dal Medioevo al Novecento, in lavorazione)
Autore ignoto, Cristo Pantocratore, sec. XIII-XIV, chiesa dello Spirito Santo (foto S. Farinella©)
Ai piedi dell’abitato di Gangi si erge la piccola chiesa-santuario dedicata allo Spirito Santo: l'edificio sacro si trova in una posizione significativa anche dal punto di vista topografico, poiché qui c’era uno dei tanti crocevia di strade che dal borgo conducevano verso altre destinazioni. E forse sarà stata proprio questa circostanza a favorire la nascita della nostra chiesetta.
Una leggenda poco credibile narra che, intorno alla metà del secondo decennio del Seicento, un contadino sordomuto intento a scavare un pozzo in un luogo ai piedi dell’abitato di Gangi urtò con la vanga un masso che spuntava dal terreno: scalzatolo si accorse che vi era dipinta una figura e che dal sopracciglio, corrispondente al punto dove egli aveva urtato il masso, sgorgava del sangue. Stupito, e anche spaventato, il contadino corse in paese gridando al miracolo (si trattava, in effetti, di un doppio miracolo, se il sordomuto era in grado di gridare), destando la meraviglia dei suoi concittadini. Il clero locale decise allora di trasportare nella chiesa madre, su in paese, il masso prodigioso ma i buoi cui venne legato non riuscirono a spostarlo da quel luogo: da quest’altro evento miracoloso si decise allora di edificare proprio lì una chiesetta dedicandola allo Spirito Santo e contenente al suo interno l’immagine ritrovata.
I documenti d'archivio hanno invece dimostrato che l'intitolazione (o la reintitolazione) della chiesa allo Spirito Santo risale al 1576 e che prima la chiesetta era intitolata a santa Caterina d'Alessandria, una vergine martirizzata nel 304/305 sotto Massimino (allora governatore di Egitto e di Siria e dal 307 imperatore) venerata nel monastero omonimo sul monte Sinai e nella Chiesa orientale e divenuta una delle principali Sante (patrona dei filosofi). La chiesetta era sicuramente esistente nel XIII secolo e non è improbabile che possa essere stata edificata durante la conquista normanna dell'isola da parte di monaci provenienti da Troina.
La datazione della chiesa almeno al XIII secolo è testimoniuata da un dato di fatto certo: la presenza di un affresco raffigurante il Cristo Pantocratore. L’immagine si trova nello stesso catino absidale che accoglie oggi l’icona tradizionalmente conosciuta come “lo Spirito Santo” (realizzata nella prima metà del Seicento), proprio sotto quest'ultima. L’affresco venne rinvenuto nel 1984 dopo che, al di sotto della figura esistente, alcuni saggi avevano rivelato la presenza di un’altra immagine: eseguito lo stacco della icona superiore (al quale ho avuto la fortuna di partecipare), al di sotto di essa apparve fra lo stupore generale una figura affascinante, anche se artisticamente non eccelsa. Nel maggio di quello stesso anno - sebbene dopo l’avvenuto restauro dell’affresco - il Ciandro della Cappella Palatina di Palermo, monsignor Benedetto Rocco, inviò una sua relazione sulla figura rinvenuta e soprattutto sulle scritte che apparivano in diverse parti del dipinto (1).
Nell'immagine in alto a destra: Autore ignoto, icona dello Spirito Santo, prima metà
XVII secolo (foto S. Farinella©)
Note
1 - B. Rocco, Relazione sull’affresco del Cristo Pantokratore ritrovato nella chiesa dello Spirito Santo, 20 maggio 1984, Archivio Chiesa dello Spirito Santo. Monsignor Benedetto Rocco, Ciandro della Cappella Palatina di Palermo, visitò l’affresco il 24 aprile 1984, dopo l’avvenuto “restauro”. Il suo giudizio, come egli stesso spiega nella relazione, fu “condizionato” dalla visione in parte alterata del dipinto, conseguente appunto al restauro già eseguito al momento della sua visita. Tuttavia, come egli asserì anche verbalmente, le conclusioni tratte e riportate nella relazione sono da ritenersi corrette sebbene non esaustive.