Gli affreschi di Crispino Riggio nella chiesa di San Cataldo
Documenti inediti riconsegnano al suo autore un dipinto già attribuito al Fumagalli
di Salvatore Farinella©, pubblicato in Le Madonie n. 1, 2002
Per gran parte delle chiese gangitane, se non per tutte, il Settecento fu un'epoca di interventi edilizi intensi che, come nei secoli precedenti, portarono a nuove e a volte imponenti trasformazioni. Gli spazi liturgici assunsero nuove fisionomie in funzione della più o meno grandiosità degli interventi, dettati da quel gusto barocco che nei centri più importanti aveva avuto modo di manifestarsi fin dal secolo precedente: quegli stessi spazi vennero poi caratterizzati da una decorazione parietale, dipinta o in rilievo, atta ad esaltare in maniera ancora più efficace la magnificenza delle nuove chiese.
Quella di San Cataldo a Gangi era una modesta ma antica chiesa, sorta probabilmente in epoca medievale (forse normanna) all'estremità orientale dell'abitato: il Santo titolare di origine irlandese ma "importato" all'epoca della conquista normanna dell'isola e la concezione basilicale a tre navate scandite da colonne facevano tuttavia di questo semplice edificio religioso uno dei più significativi templi della devozione popolare. In età tarda (la metà dell’Ottocento), e per motivi che ancora sconosciamo, san Cataldo divenne il "Patrono" del borgo.
Nei primi anni del Settecento anche la chiesa di San Cataldo fu protagonista di quella serie di trasformazioni architettoniche e artistiche che ne cambiano il volto. All'inizio del secolo vennero spese infatti oltre 13 onze per rifare il dammuso (la volta) della chiesa e i lavori edilizi continuarono anche negli anni successivi fino alla metà del Settecento, alternati a rappresentativi fatti artistici: nel 1740 don Ignazio Castello (mastro fabbriciere e stuccatore gangitano) eseguì il nuovo tabernacolo per un compenso di 11 onze (1) mentre nel 1742 venne iniziata la costruzione del nuovo campanile (2). Questi ultimi lavori proseguirono ancora nel 1746 con l’intaglio affidato a un certo mastro Giuseppe Serpotta (3) e nel 1751 con la realizzazione dei pilastri della torre campanaria e del muro sopra la chiesa (4).
Anche sotto il profilo dell’arte figurativa la metà del XVIII secolo appare abbastanza densa di avvenimenti artistici: nel 1741 il pittore don Giovanni Nicosia, oriundo da Caltanissetta e naturalizzato gangitano (zio materno di Filippo Quattrocchi), viene pagato 4 onze per eseguire il quadro di San Giacomo (5): l’opera venne integralmente finanziata da una religiosa devota. Nel 1745 don Matteo Garigliano - altro artista gangitano noto per aver eseguito tre opere nella chiesa dello Spirito Santo (6) -, viene pagato 2 onze per l’esecuzione del quadro di San Mauro del quale oggi rimangono solo poche testimonianze (7).
E' a cavallo degli anni Sessanta del XVIII secolo che nuovi interventi edilizi porteranno all'esecuzione degli affreschi nelle volte della chiesa, dei quali oggi possiamo ammirare i resti recuperati. I lavori preparatori si protrassero dal 1751 al 1754, anni in cui venne completamente rifatta la volta della navata centrale della chiesa (8): all’opera parteciparono numerose maestranze locali, mastri fabbricieri, maestri d’ascia e semplici manovali.
Nel settembre del 1758, quando la fabbrica del dammuso era oramai conclusa, si decise di decorare la volta con stucchi e pitture: grazie all’elemosina di una devota rimasta nell'anonimato si poté disporre della considerevole somma di 20 onze alle quali ne vennero aggiunte altre 16 raccolte da varie persone (9). Nello stesso tempo vennero rifatte le volte del cappellone dov’era l’altare di san Cataldo e della cappella degli Agonizzanti (10).
Per eseguire le pitture nella volta della chiesa venne chiamato un artista palermitano che proprio in quello stesso anno lavorava alla volta della chiesa dello Spirito Santo in Gangi: il pittore si chiamava Crispino Riggio.
Costui era attivo nel palermitano nella seconda metà del Settecento: nel 1754 aveva lavorato a Gangi eseguendo il quadro di San Diego d’Alcalà per la stessa chiesa dello Spirito Santo (11) e nel 1760 lo si vedrà impegnato nella decorazione delle volte delle cappelle nella chiesa di San Matteo a Palermo e qualche anno dopo (1762/63) a Petralia Soprana dove verrà pagato per l’esecuzione del quadro di Sant’Antonio e di altre immagini per la chiesa di San Teodoro.
E' probabile che il Riggio sia stato chiamato ad affrescare le volte della chiesa di San Cataldo proprio perché in quel momento si trovava ad operare nell’altra chiesa gangitana: un forse (troppo) affrettato raffronto stilistico con le volte del palazzo Bongiorno ha portato però ad attribuire il dipinto superstite della nostra chiesa al noto decoratore ornamentista di origine romana Gaspare Fumagalli che proprio l’anno prima (e sicuramente fino agli inizi del 1758) aveva eseguito insieme al suocero Pietro Martorana gli affreschi per la nobile famiglia gangitana proprietaria del palazzo.
Considerata la tipologia dell’impianto decorativo e dei particolari delle pitture nella volta del presbiterio della chiesa di San Cataldo, molto simili a quelli del palazzo Bongiorno, l’attribuzione al Fumagalli - che fra l’altro non fu il solo ad affrescare quelle nobili sale (12) - poteva sembrare scontata: sebbene l’impianto pittorico e le soluzioni decorative siano molto vicine ai caratteri propri di Gaspare Fumagalli, alcune notizie d’archivio riconducono però al Riggio le pitture settecentesche eseguite nella nostra chiesa.
Fra le note di pagamento dell’anno 1758/59, tratte dai libri contabili della chiesa, risulta infatti una liquidazione di 23 onze proprio a «don Grispino Riggio Pittore in conto di sua mercé» per la pittura della volta (13). A questo si affianca il pagamento di oltre 7 onze a mastro Giuseppe Enna di Palermo per lo stucco eseguito nella stessa volta. Questo fatto, da solo, sarebbe più che sufficiente ad assegnare i dipinti della nostra chiesa al pittore Crispino Riggio: altre circostanze ci consentono però di confermare l’assegnazione di quei dipinti proprio al Riggio.
Nell’anno successivo 1759/60, infatti, è registrato un altro pagamento al pittore palermitano di oltre 5 onze, «in conto della pittura della chiesa» (14), pagamento che si ripete ancora (per più di 3 onze) nel 1761/62 sempre «in conto della pittura» (15).
Anche questo fatto d’arte nella chiesa di San Cataldo (come molti altri a Gangi e sulle Madonie) appare legato alla figura di Gandolfo Felice Bongiorno, a testimonianza del ruolo svolto dall’erudito gangitano nella trasformazione delle chiese gangitane e madonite.
Risulta che nel 1770 il Riggio era già morto: due note di quell’anno registrate nel libro dei conti della nostra chiesa attestano però, oltre al decesso del pittore, una partecipazione del Bongiorno alla definizione dell’opera e l’esecuzione degli affreschi da parte del Riggio. Una delle due note ha il seguente tenore: «Pagati al Sig(no)r D(on) Gandolfo Bongiorno once sette e tarì 6 per q(ua)nto va dovendo d(itt)a chiesa al fù d(on) Grispino Riggio per la pittura [che] fece a d(itt)a chiesa e da d(itt)o fù Riggio asse[gnate] a d(itt)o Sig(no)r di Bongiorno» (16).
Questo apparato documentale conferma dunque che ad eseguire gli affreschi nelle volte della chiesa di San Cataldo fu il pittore palermitano Crispino Riggio e non il celebrato Gaspare Fumagalli che, probabilmente, nel 1758 aveva già esaurito il proprio incarico presso la famiglia Bongiorno ed era ritornato a Palermo.
Dell’opera oggi rimane solamente il dipinto sulla volta che copre il presbiterio, dato che gli affreschi del Riggio eseguiti nella volta della navata centrale furono sostituiti nel 1819 (non sappiamo ancora per quale circostanza) da dipinti eseguiti e firmati da Tommaso Pollaci.
L'affresco superstite del Riggio mostra in una cornice circolare una figura femminile in bianche vesti e avvolta da un verde mantello, assisa sulle nubi e dall’apparente aspetto di donna gravida: alla sua destra su di un fuoco acceso è il sacrificio di un agnello mentre un angelo reca in mano una scure. Simbolicamente, la figura potrebbe rappresentare la Chiesa in una visione forse apocalittica tratta dalle Sacre Scritture. Attorno al grande medaglione centrale quattro sfondati architettonici con balaustre sormontate da vasi di fiori (in parte rifatti nell’Ottocento) completano il dipinto.
Ancora una volta, dunque, la ricerca d'archivio consente di consegnare al suo vero autore un’opera d'arte relegata nella sfera del consueto da affrettate attribuzioni: grazie alla sensibilità di persone della comunità parrocchiale (la Confraternita locale e il parroco don Cataldo Balsamello) i dipinti superstiti nella volta della chiesa di San Cataldo sono oggi riportati al loro antico splendore, per essere ancora apprezzati dalla nostra comunità.
Note
1 - Archivio Chiesa Madre di Gangi (ACMG), Libri dei conti della chiesa di San Cataldo, esiti degli anni 1740/41, c. 120-124 v.
2 - Ivi, esito dell’anno 1741/42, c. 130.
3 - Ivi, esito dell’anno 1746/47, c. 154 v.
4 - Ivi, esito dell’anno 1750/51, c. 174.
5 - Ivi, esito dell’anno 1741/42, c. 130.
6 - A tal proposito si veda S. Farinella, La chiesa dello Spirito Santo in Gangi. Fabbricazione, trasformazioni e fatti d'arte dal 1576 attraverso i documenti inediti, Assoro 1999, passim.
7 - ACMG, esito dell’anno 1745/45, c. 148.
8 - Ivi, esito degli anni 1751/52, c. 180 r/v; Libro dei conti della chiesa di S. Cataldo, vol. III, esito degli anni 1753/54, c. 15.
9 - Ivi, introito dell’anno 1758/59, c. 40 v.
10 - Ivi, esito, c. 42.
11 - Cfr. S. Farinella, La chiesa dello Spirito Santo, op. cit., cap. 2.
12 - Cfr. S. Farinella, Gaspare Fumagalli e i dipinti nelle volte del palazzo Bongiorno a Gangi. Un giallo nella Sicilia del Settecento, in Le Madonie n. 2, 1999. Si veda anche S. Farinella, Il palazzo dei Bongiorno a Gangi. La famiglia, il palazzo, gli affreschi, Madonnuzza-Petralia Soprana 2008, passim.
13 - ACMG, Libro dei conti della chiesa di San Cataldo, vol. III, anno VII Indizione 1758/59, esito, c. 41 v.
14 - Ivi, esito dell’anno 1759/60, c. 46 v.
15 - Ivi, esito dell’anno 1761/62, c. 53 v.
16 - Ivi, esito dell’anno 1769/70, c. 79 v, già citato in S. Farinella, La chiesa dello Spirito Santo, cit., cap. 2.